La battaglia di Anghiari rappresentata su di un Cassone fiorentino conservato al “Museo Arqueologico National de Madrid”

per gentile concessione del Museo Arqueologico Nacional di Madrid

Come ho già detto all’inizio dell’articolo precedente esiste un altro cassone fiorentino, che raffigura la battaglia di Anghiari, conservato al Museo Archeologico di Madrid sotto l’inventario (n°51936).
Anche se meno ben conservato di quello della National Gallery di Dublino, con l’aiuto di fotoriproduzioni molto particolareggiate e chiare, gentilmente inviatemi, dal museo stesso ho potuto studiare l’araldica di questo dipinto.
Il Polcri, che per primo ha fatto una pubblicazione su quest’opera (vedi nota1 articolo 1), osserva molte analogie tra questa e il cassone, andato perduto, della Bryce Collection di Londra (nota 93) . Infatti la scena, o campo di battaglia, è la stessa per ambedue i dipinti: Sansepolcro sulla sinistra, con sulle mura il gonfalone dei Visconti, Anghiari sulla destra con la bandiera del giglio. Al centro, sullo sfondo, Città di Castello e in primo piano un solo ponte ( a differenza del cassone di Dublino dove appare anche il ponte sul Tevere ) quello “delle Forche”. Sul cassone della Bryce, la battaglia è al culmine, con i milanesi che impegnano i cavalieri della lega, immediatamente dopo il ponte verso l’erta per Anghiari. In quello di Madrid invece, lo scontro è appena finito e si vedono sulla sinistra i milanesi sconfitti in fuga mentre al centro e sulla destra i fiorentini vittoriosi vanno verso Anghiari, trascinando a terra le bandiere tolte al nemico.
Oltre alla scena, anche gli edifici, le bandiere e le armi dei combattenti sono molto simili tra le due opere come se fossero state dipinte nella stessa bottega.
Veniamo ora all’analisi dettagliata degli emblemi del cassone di Madrid.
Partendo dal lato sinistro del dipinto incontriamo, sotto le mura di Sansepolcro, un gruppo di fanti milanesi in fuga (fig.35); sono, nella maggior parte, armati di lance o picche ma tra loro vediamo anche alcuni balestrieri. Il primo fante a sinistra porta una giornea che inquarta due emblemi al I° e al IV° campo ocra e al II° e al III° lo scaglionettato in fascia di rosso e d’argento, impresa viscontea che abbiamo già visto nel cassone di Dublino alla fig.9. Il fante dietro a questo ne porta una completamente scura e, curiosamente, ambedue indossano ai polpacci delle strane ghette che, dal colore, potrebbero essere di metallo, come gli antichi schinieri greci. Sopra questi due si intravede un capitano riconoscibile dal cappello rosso.
Passando sulla destra, incontriamo un altro fante con una celata munita di chiodo sulla sommità e uno scudo sulla spalla. Quest’ultimo è decorato con quest’arme: trinciato alla banda d’oro, nel I° di rosso al serpente d’oro e nel II° ondato in fascia d’oro e di rosso. Di questi emblemi l’unico chiaramente riconoscibile è il serpente che allude al biscione visconteo.
Dopo questo vediamo quattro balestrieri con i farsetti gonfiati da probabili imbottite, con l’ultimo dei quattro che sorprendentemente, porta sulla testa un elmetto a becco di passero tipico dei cavalieri (forse un trofeo di guerra?). Anche il fante seguente porta lo stesso tipo di elmo e uno scudo, che araldicamente si legge: al I° e al IV° fasciato d’oro (o d’argento) e di nero (virato?) e al II° e al III° di nero (virato?). Emblema di difficile identificazione perché molto rovinato, grazie a degli ingrandimenti si possono scorgere tracce di rosso sulle fasce nere, tanto da far ricordare (ma è solo una mia supposizione) lo stemma della città di Cremona, partito: nel I° fasciato di rosso e d’argento e nel II° d’azzurro alla palla d’oro sorretta da un braccio. Due cronisti, tra i capitani milanesi prigionieri, riportano anche un Romano da Cremona (nota 94) .
Tutti questi fanti sono seguiti da un cavaliere in armatura e armato di lancia, con sul cavallo una bella barda scura decorata (fig.36). In origine la barda poteva essere stata dipinta in azzurro, mentre le decorazioni altro non sono che “svolazzanti” (nota 95) che racchiudono dei veli annodati, questi ultimi sono del tutto simili al Capitergium cum gassa impresa adottata da Gian Galeazzo Visconti e preferita anche da Filippo Maria come ricorda Gastone Cambin nel suo studio (nota 96). A riguardo Benedetto Dei nella sua cronaca, proprio nelle pagine sulla battaglia di Anghiari scrive: “E furono presi gli stendardi del ducha di Milano Filippo Maria, e quello del fazuolo suo e l’altro de’ raso d’oro,” ma è comunque l’unico cronista a riportare, tra le bandiere milanesi, il fazzoletto o Capitergium dei Visconti (nota 97).
Proseguendo arriviamo davanti alla porta di Sansepolcro dove troviamo alcuni cavalieri milanesi che stanno per rifugiarsi nella città (fig.37). Il primo cavaliere a sinistra porta sul cavallo una barda rossa seminata di fiamme d’oro, emblema che allude chiaramente all’impresa della Radia Magna”di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente (vedi figure 1-5-6-7). Dietro ai cavalieri troviamo un capitano, molto probabilmente il Piccinino, con la mano destra alzata come per fermare la rotta delle proprie truppe a difesa della porta. Subito dietro un fante in fuga (fig.38) con uno scudo così decorato: d’oro alla gemella in banda di nero (in realtà forse azzurro o verde) accompagnata da due cerchi dello stesso.
Il resto del dipinto, prima del ponte, è ingombro di cavalieri milanesi, feriti o in fuga. Tra loro colpisce un cavaliere con una bardatura interessante (fig.39): si presenta formata da un inquartato al I° e al IV° d’azzurro con un fiore poco leggibile al centro e al II° e al III° di scaglionettato in fascia di rosso e d’argento. Lo scaglionettato in fascia è lo stesso portato sulla giornea dal primo fante nella figura 35, mentre il fiore assomiglia vagamente ad un cardo come quello usato come impresa da Francesco Sforza e dal fratello Alessandro (nota 98) .
Subito dietro a questi cavalieri viscontei incalza un cavaliere fiorentino, indossa sulla testa una specie di celata con frontale allungato (nota E) e con la spada a piovere insegue i fuggitivi oltre il ponte (fig.40). Sulla barda del cavallo ha un inquartato al I° e al IV° fiammante di rosso e d’argento e al II° e al III° di campo nero, certamente ossidato e anche talmente rovinato da non permettere di riconoscere l’emblema che avava al centro.
Comunque questo personaggio ricorda il cavaliere fiorentino al centro del dipinto di Dublino che sta strappando all’alfiere milanese la sua bandiera (vedi fig.20).
Subito dopo il ponte “delle forche” i vittoriosi cavalieri della lega trascinano a terra, in segno di spregio, due enormi bandiere milanesi verso Anghiari (fig.41). La prima bandiera tutta rossa fa vedere al centro un emblema scuro, poco leggibile che può assomigliare a un nebuloso, alle spire di un serpente o anche al nodo di fazzoletto. La seconda invece, pure rossa, è completamente seminata da fiamme dorate come la barda del cavaliere della figura 37 che richiamano la “Radia Magna” di Filippo Maria Visconti.
Sopra a questo gruppo, sullo sfondo, troviamo un gruppo di cavalieri in attesa con un’enorme bandiera, dal disegno abbastanza incomprensibile. Sembra rappresenti un uomo in armatura attorniato da alberi o foglie (fig.42). Forse è l’impresa di qualche capitano della lega.
Tutto il resto del dipinto di destra, fino alle mura di Anghiari, è affollato da cavalieri della lega che vittoriosi vanno verso la città, mentre, in basso all’estrema destra della tavola troviamo il gruppo dei capitani della lega (fig.43). Asinistra un cavaliere, molto probabilmente un prigioniero, consegna simbolicamente il bastone del comando al capitano fiorentino (nota M), che qui dovrebbe essere Pier Giovanpaolo Orsini, con in testa un elmo munito di chiodo e sul viso la barba che però nel ‘400 non era di moda portare. Vicino a lui, alla sua destra, un altro capitano con cappello rosso sul capo molto assomigliante al Micheletto Attendolo rappresentato da Paolo Uccello nella battaglia di San Romano conservata a Parigi. Proseguendo, a sinistra, subito sopra il prigioniero milanese, troviamo un altro personaggio con berretto rosso ma senza armatura, dovrebbe essere uno dei commissari fiorentini: il Capponi o il Medici. L’altro lo troviamo all’estrema destra, in mezzo ai cavalieri, anche lui con berretto rosso e con una folta barba.
Sopra le teste di questo folto gruppo ecco la bandiera degli Attendolo-Sforza (fig.44). Anche questa immagine è un’pò rovinata (un campo della bandiera risulta completamente annerito), ma comunque si vede l’ondato d’azzurro e d’argento degli Attendolo inquartato con un drago alato su campo rosso. Molto probabilmente il drago allude all’impresa portata da Muzio e da Francesco Sforza : “drago alato, con la testa mostruosa di vecchio, tenente tra gli artigli un anello con diamante” (nota 99) .
Quest’ultimo gruppo di capitani e cavalieri della lega, che conclude il dipinto, è molto simile al gruppo di capitani e cavalieri del cassone di Dublino (vedi figure 3,16 ,18), per la posizione sul quadro, per le bandiere, per i personaggi. Qui si nota però l’assenza del patriarca Scarampo Mezzarota e della relativa bandiera della Chiesa, le due chiavi.
Passiamo ora ad analizzare i pannelli laterali del cassone di Madrid nelle figure (45-46).
La figura 45, della fiancata destra del cassone, raffigura i fanti fiorentini armati di lance e accompagnati da trombetti che entrano ad Anghiari, dopo la vittoria. La Figura 46, della fiancata sinistra, invece rappresenta i milanesi, con probabilmente anche il Piccinino, che fuggono da Sansepolcro (nota 100) . Tra i cavalieri in armatura, ma senza addosso nessun tipo di insegna o impresa, ci sono due fanti con scudo e lancia. Quello di destra ha dipinto sullo scudo un partito di’argento e di rosso, mentre l’altro ha un inquartato al I° e al IV° di nero (virato?) e al II° e al III° fiammante di rosso e d’argento. Questo stesso inquartato lo troviamo sulla barda posteriore del cavaliere sulla destra della figura 47, si tratta di un pannello laterale del cassone della Bryce Collection pubblicato dal Schubring (vedi nota 93), che raffigura i milanesi che entrano a Sansepolcro prima della battaglia (anche qui si può notare la somiglianza tra i due pannelli).
Sempre questo inquartato (ma con il cuneato di rosso e d’argento al posto del fiammante con gli stessi colori ) lo troviamo tre volte nelle battaglie di Paolo Uccello, e precisamente nella tavola di Londra, su uno scudo a terra, sotto il cavallo bianco del combattente senese sulla destra, e nel dipinto di Firenze, di nuovo su uno scudo sotto il cavaliere disarcionato (Bernardino della Carda) e nella drappella del trombetta in ritirata in alto a destra sullo sfondo. Di questo emblema ne parla il Boccia nel suo studio sulle armature di Paolo Uccello (nota 101) , ma più diffusamente ne parla il Roccasecca in quello sulle Battaglie (nota 102) , dove analizzando l’araldica dei dipinti di San Romano, ipotizza l’appartenenza di questo inquartato alla famiglia senese dei Petrucci (Antonio Petrucci era presente a San Romano in veste di commissario senese). Dello stesso avviso è la Pertici (nota 103) che mette in evidenza la differenza tra lo scudo del dipinto e lo stemma dei Petrucci: trinciato inchiavato d’oro e d’azzurro, perciò stemma con altri colori e non inquartato.
La mia ipotesi è che semplicemente questi scudi di San Romano, appartengano ai militi milanesi e più precisamente alla fazione braccesca. Infatti in quella guerra i senesi erano aiutati da truppe milanesi comandate da Alberigo di Lugo e dalle compagnie di Francesco Piccinino, figlio di Niccolò e Bernardino della Carda (nota 104). La somiglianza tra gli scudi di San Romano e gli scudi dei cassoni di Anghiari è evidente. Perlopiù, ad Anghiari non c’erano senesi e i colori dell’inquartato: campo nero e fiammante di rosso e d’argento sono gli stessi della fazione braccesca (rosso argento e verde) (nota 105) , tenendo conto che il campo nero sia virato e originalmente sia stato verde (nota 106) .
Veniamo infine ai committenti dell’opera, identificabili negli stemmi dipinti in mezzo ai pilastrini frontali del cassone (fig.48). Appartengono senz’altro ai due sposi ai quali è stato donato il cassone, durante le nozze, come si usava nel ‘400.
Lo stemma a sinistra di rosso al grifone d’oro appartiene alla famiglia fiorentina dei Martelli (nota 107), mentre quello di destra partito: nel I° d’oro al noce sradicato di verde, nel II° bandato d’argento e di rosso è l’arma dei Noceto di Lucca (nota 108). Infatti nella seconda metà del ‘400 convolarono a nozze ben due giovani dei Martelli con due giovani dei Noceto, ne riporta la notizia il Litta nel tomo 21° della sua opera sulle “Famiglie Italiane”. Alla tavola II menziona di un Niccolò Martelli figlio di Antonio che maritò Angela di Piero dé signori di Noceto (ma non dice l’anno). Alla tavola III di un altro Niccolò Martelli ma figlio di Ugolino che maritò nel 1458 Ginevra anch’essa figlia di Piero dé signori di Noceto. Nell’Archivio di Stato di Firenze, cercando ancora, sono riuscito a trovare un manoscritto con la data delle nozze anche dei primi due sposi (nota 109) : “ Niccolò nato 1444 ecc.. sposava Agnola del Signor Piero de Conti di Noceto 1466”.
Pertanto penso che questo cassone di Madrid, con molta probabilità assieme a quello della Bryce, sia stato dipinto e donato, per le nozze, ad una di queste due coppie o nel 1458 o nel 1466.

Massimo Predonzani (per contattare l’autore via email clicca sul nome o scrivi a alemass1959@libero.it)
Note:

93. Sull’opera della Bryce Collection è rimasta solo una bella riproduzione pubblicata da P.Schubring “Cassoni”, Leipzig 1923, pp.106-107, p.243.

94. F.Biondo, “Historie”, Venezia 1547, p.129; S.Ammirato, “Istorie Fiorentine” Torino 1853, p.264.

95. Sorta di nastri sui quali venivano scritti motti.

96. G.Cambin “Le rotelle milanesi, Giornico 1478”, 1987, pp.22°-225; e anche “Stemmario Trivulziano”, ed. Orsini-Demarzo, 2000, pp.32-33.

97. B.Dei, “La Cronica”, Paravia ed. 1985, p.56.

98. Vedi G.Cambin, citato, p.217.

E. Assomiglia molto alla “borgognotta” usata nel ‘500.

M. Un gesto simbolico perché il Piccinino, comandante dei milanesi, non fu fatto prigioniero ma riuscì a salvarsi a Sansepolcro

99. Vedi G.Cambin, citato, pp.122-123, 142-143.

100. Il giorno dopo la battaglia, il Piccinino abbandonò Sansepolcro, dove si era rifugiato con i resti dell’armata : N. Capponi “Commentari” Muratori R.I.S. XXIII, col.1195; F. Biondo, “Historie”, Venezia 1574, p.129.

101. L.G.Boccia, “Le armature di Paolo Uccello”, L’Arte, III 1970,p.77.

102. P.Roccasecca, “Paolo Uccello Le Battaglie”. Electa1997, pp.12,17,22,32,68.

103. P.Pertici, “Condottieri senesi e la Rotta di San Romano di Paolo Uccello”, Arch. Stor. It. Fasc.581, 1999, p.542-548.

104. Vedi: G. Battista Poggio, “Vita di Niccolò Piccinino” Perugia, 1619, p.219; L.G.Boccia, cit. p.71; P.Pertici, cit. p.545.

105. Vedi il capitolo precedente su i cavalieri milanesi e la nota 27.

106. Nel testo di P.Roccasecca, cit. p.22, si vede lo scudo del dipinto di San Romano conservato a Londra con il campo dell’inquartato di un bel verde scuro (forse una ridipintura?).

107. vedi: P.Litta “Famiglie celebri italiane”, Milano 1819, vol.21°, tav.I.

108. Dizionario araldico Guelfi Camajani, 1921, p.449.

109. ASFi, Manoscritti,397, ins.26, c. 87r.

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Per approfondimenti vedi anche i seguenti siti amici:

http://www.ugopozzati.it

http://www.istitutodatini.it/biblio/riviste/r-t/tevere.htm

http://www.condottieridiventura.it/

http://www.araldicacivica.it

http://www.centrostudiaraldici.org

http://www.cisv.it


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