La fanteria del 1400

tav11 - Copia

Tratto dal libro Anghiari 29 giugno 1440

Organizzazione militare di Luigi Battarra

L’Italia del 400’ è un paese fortemente diviso, e come dice Piero Pieri nel suo volume Governo et Exercitio de la Milita di Orso degli Orsini” e i “Memoriali di Diomede Carafa”, manca il sentimento di Patria, di religione, una causa grande e giusta da difendere , il proprio re da sostenere…1

La conseguenza è che la molla che spinge molto spesso i compagni di ventura, fanteria compresa, a combattere è la possibilità di riscattare la propria umile condizioni attraverso lauti guadagni derivanti dai rischi del mestiere.

Il fattore economico da solo, però non basterebbe a creare quel legame fraterno detto di compagnonaggio, quindi a detta di esimi studiosi tra i quali Claudio Finzi, e il Piero Pieri, e di resoconti tratti dalle bibliografie dei capitani di ventura2 si evince che interviene anche l’autorità dei capi, la fiducia verso di loro,le paghe regolari, l’abitudine della comune convivenza sia negli agi che nei disagi e l’ugual mestiere.

Questo legame di compagnonaggio di cui si è ora parlato, crea però un problema di natura pratica, primariamente perché spesso ci si formava a comuni scuole di famosi capitani di ventura, quali Alberigo da Barbiano, Braccio da Montone, Jacopo Attendolo Sforza ed altri, secondariamente perchè prima o poi, si militava assieme per lo stesso committente e alfine magari si finiva a combattere uno di fronte all’altro.

Siamo quindi di fronte all’avvaloramento di una delle più famose affermazioni di Macchiavelli, che sostiene che le battaglie tra italiani si facevano per burla?

Le statistiche degli scrittori dell’epoca e le ricerche dell’autore proprio sulla battaglia di Anghiari3 sembrano smentire questa affermazione, perché nonostante la consuetudine guerresca descritta dal Waley,4 i morti non mancano5.

Finora abbiamo parlato di etica guerresca, legami di compagnonaggio e numero di morti, ma non abbiamo accennato ancora a quella che probabilmente è la strategia imperante nel XV secolo.

La scuola dei capitani di ventura italiani, fonda la propria azione, sull’uso tattico-strategico di castelli e accampamenti (Serragli), così sapientemente e validamente fortificati da essere quasi imprendibili.6

Impera nell’ambito militare, il principio fondante della teoria difensiva-controffensiva, che nella realtà si concretizza nella prudenza, nel non voler stravincere, nel non disprezzare il nemico né ridurlo alla disperazione e soprattutto nel non riposare sugli allori.

Il buon uso di questi consigli, il tenere l’esercito bene in ordine e in disciplina, il tutto legato ad un buon uso della fortificazione campale e del terreno, secondo l’Orsini e il Carafa come scritto nei loro trattati, sempre avranno ragione del gran numero e creeranno eserciti invincibili.7

1P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933, p. 23

2 C. Finzi, Braccio da Montone, Le compagnie di ventura nell’Italia del XV secolo, Centro studi storici di Narni, Narni 1993, p.49-51; P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933, p. 23

3 Per ulteriori chiarimenti vedi capitolo del presente libro Bilancio conclusivo dello scontro

4 D.Waley, Braccio da Montone, Le compagnie di ventura nell’Italia del XV secolo, Centro studi storici di Narni, Narni 1993, p.118-119 p.127

5 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano. p. 836, p. 849

6 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p. 826

7 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933, p. 19 e seguenti

fig7 fig8

fig7 fig8

fig9 fig10

fig9 fig10

fig11 fig12

fig11 fig12

Dalla teoria alla pratica, la differenza non è tanta, poiché come descritto in cronache e resoconti di battaglie, anche se la strategia italiana non è fiacca, ma energica e vigorosa 1, non cerca la battaglia risolutiva ed annientatrice ma preferisce una guerra fatta in attesa del momento più propizio per la vittoria e meno dispendioso in fatto di perdite umane2.

Per citare il Piero Pieri in uno dei suoi più famosi studi anche se un po’ datato:

è una guerra logoratrice, lenta, studiata più portata a evitare la sconfitta che a creare la vittoria, o al massimo, a cercare una qualsiasi rottura a proprio favore dell’equilibrio delle forze in contrasto, anziché la distruzione vera e propria dell’avversario.3

Per questo si attende dentro il proprio campo in attesa di una mossa falsa dell’avversario pronti a fuoriuscire velocemente, ed in maniera disciplinata; per eventualmente sorprendere il nemico in marcia, durante il montaggio dell’accampamento; sorprendendolo per scarsa vigilanza, o infine contrattaccandolo dopo un attacco non riuscito al proprio campo.4

FANTERIA

Nonostante in tutti questi anni si sia data poco spazio negli studi di settore alla fanteria, è indubbio, proprio per le sue caratteristiche di adattabilità e versatilità, che essa ricoprirà nel XV secolo sempre più importanza.

Ciò è dimostrato dall’aumento dei numeri nel reclutamento e nella sempre più specializzazione che al fante viene richiesta, e che cresce in maniera esponenziale durante tutto il XV secolo.

La fanteria ebbe un ruolo chiave nella prassi bellica dell’epoca, poiché essa interveniva dove la cavalleria, proprio per le sue limitazioni oggettive falliva.

Nonostante fosse usata anche in campo aperto, essa veniva utilizzata al meglio nelle operazioni ossidionali.

Mentre per le operazioni ossidionali, è intuibile e ampiamente documentabile come venisse usata la fanteria, per capire come venisse usata in campo aperto ci viene in aiuto un passo del tomo XV dell’Archivio Storico Italiano5 che riporta un riassunto dell’opera del Campano nella sua biografia su Braccio da Montone6:

Egli, divideva, dice il Campano, la sua battaglia, non come si usava anticamente in due corna; ma, con un nuovo e inusitato modo di combattere, il quale fu poi imitato da tutti gli altri capitani, formava dell’esercito molte squadre ben ordinate, preponendo a ciascuna un capitano, e mandava al combattimento squadra per squadra; mentre prima di lui, diviso l’esercito in due corna e con due ali di cavalleria, in una volta e tutto insieme affrontava il nemico. Però con Ordine diverso dispose l’esercito, quando nel 1421, passato il Garigliano, andò incontro alle genti dello Sforza e del Tartaglia. Passato il fiume, mise l’esercito in ordinanza, formando due corna di cavalleggieri, una a destra, l’altra a sinistra. Collocò nel mezzo gli uomini d’arme a cavallo; pose la fanteria all’uno e all’altro corno dei cavalleggeri con l’ordine che andasse innanzi quanto poteva, finchè si trovasse coperta alle spalle7.

1 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p. 824

2 Non ci si dimentichi che in fondo le compagnie di ventura sono a tutti gli effetti compagnie commerciali che prestano i loro servigi seppur guerreschi a pagamento. Per maggior chiarezza vedi Mario del Treppo. Gli aspetti organizzativi economici e sociali di una compagnia di ventura italiana. Rivista Storica Italiana. LXXXV. Napoli 1973.

Allo stesso riguardo le considerazioni di Braccio da Montone in C. Finzi, Braccio da Montone, Le compagnie di ventura nell’Italia del XV secolo, Centro studi storici di Narni, Narni 1993, p.45-48

3 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933, p. 23

4 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933, p. 24

5 G.Canestrini, Documenti per servire alla storia della milizia italiana dal XIII al XVI secolo in Archivio Storico Italiano Tomo XV Firenze 1851 pg lxxvi

6 Campano , De vita et gestis Brachii etc., Basilea, 1545. Lib III e Muratori, R.I.S., tomo XXI.

7 L’ordine di avanzare avendo sempre le spalle coperte è forse indice di mancanza di reparti di lance lunghe o picche per contrastare le sortite della cavalleria dello Sforza o del Tartaglia?

fig13 fig14

fig13 fig14

fig15 fig16

fig15 fig16

fig17 fig18

fig17 fig18

Sappiamo per certo che anche il Piccinino cresciuto alla scuola di Braccio da Montone ad Anghiari utilizzò una delle strategie di Braccio; dalla cronaca della battaglia infatti, si evince che usò la più conosciuta e che prevedeva ondate di attacchi ininterrotti dopo aver diviso l’esercito a squadre.

Ora però, analizzeremo la fanteria prima in maniera generalizzata, e poi in base alle disponibilità dei documenti nel particolare.

Per poter schematizzare meglio il fenomeno, per semplicità ho suddiviso idealmente il periodo di un secolo in tre blocchi di circa trent’anni, nella consapevolezza che essi non rappresentino rigidamente l’inizio o la fine di un ciclo.

Evoluzioni di tipo strategico-organizzativo e in campo militare si verificano in ognuno dei tre periodi, dettati principalmente dall’influenza degli stati limitrofi, dal perfezionamento delle armi da fuoco e dalla continua ricerca di soluzioni al mutare delle strategie e tattiche avversarie.

Notiamo che nel primo trentennio del 400’, la fanteria risente in molti casi del suo retaggio trecentesco medievale.

Viene principalmente usata in servizio di guarnigione e durante le battaglie e gli scontri campali è suddivisa nella classica tripartizione balestrieri, pavesari o scutiferi, lancieri o lance longhe ed usata principalmente di supporto alla cavalleria

Mentre la cavalleria si affronta a colpi di lancia, mazza, spada e a azza, gli scutiferi formano un muro di difesa tramite gli scudi appaiati in maniera tale che i balestrieri al sicuro possano tirare i loro dardi indisturbati, ulteriormente protetti dalle lunghe lance dei lancieri che in schiera scoraggiano qualsiasi sortita della cavalleria avversaria.

Oltre a fornire un riparo per la fanteria stessa questo muro di scudi costituisce anche una sicura area di riposo per i cavalieri, che necessitano sia di cure che di ristoro tra una carica e l’altra.

Con l’evolversi del panorama italiano, sempre più costellato di scontri bellici e con l’affermarsi del mercenariato, la richiesta della fanteria continua a crescere se non altro per presidiare i territori conquistati o come già detto in seguito all’evolversi della fortificazione, impiegati in tutte le operazioni riguardanti l’assedio; dalla costruzione o demolizione delle opere ossidionali, fino ad arrivare allo scontro sia protetto da mura che in campo aperto.

Dal 1430/1440 fino al 1460 circa, con l’esigenza sempre più pressante di superare la fortificazione campale, ed in seguito allo sviluppo esponenziale delle armi da fuoco sia fisse che portatili e soprattutto della loro efficacia, si attua una nuova sinergia e riorganizzazione e si assiste alla diffusione di una nuova fanteria, divisa principalmente in compagnie d’assalto e compagnie di fuoco.1

La prima risulta derivante dall’esperienza del regno aragonese in Spagna2 e diffusa da capitani di ventura che militarono nel regno di Napoli.

Essa è armata di lancia, anche da getto, spada corta e scudo ed è più agguerrita e flessibile, perché deve agire in terreno aspro e difficile tipico italiano e contro le fortificazioni campali.

La seconda invece composta da balestrieri e schioppettieri, svolge molto spesso funzione di appoggio della fanteria sopradescritta.

Generalmente è inquadrata in compagnie autonome di soli schioppettieri e balestrieri da impiegare assieme (specialmente gli schioppettieri), per poter migliorare l’efficacia di fuoco derivanti dalla pessima precisione degli schioppetti.

In effetti anche nella rappresentazione pittorica su cassone della battaglia di Anghiari conservata a Dublino, sono raffigurati schioppettieri affiancati, che tirano senza ombra di dubbio sulla cavalleria.( fig.64)

1 Mallet M., L’organizzazione militare di Venezia nel ‘400, Jouvence 1989 p. 103

2 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p. 829

fig60

fig60

fig64

fig64

fig65

fig65

fig66

fig66

Alfine rimane sempre la componente delle lance lunghe1 da usare contro cavalleria o come difesa contro altre lance longhe, solitamente disposta su due schiere per opporre una difesa contro la cavalleria o altre lance lunghe.

Un esempio su come venivano impiegate le lancie lunghe, ci viene dato dalla descrizione della battaglia di Manciano della fine di Giugno del 1455, a opera del Simonetta, tra gli eserciti collegati sforzesco e pontificio da una parte, e le armate di Jacopo Piccinino dall’altra.

Mentre gli eserciti collegati si stanno accampando su due poggi, situati sulla riva destra del fiume Flora, l’esercito sforzesco si trova assalito da squadre di cavalleria e fanteria braccesche, agli ordini del Piccinino.

Presa alla sprovvista, la fanteria di tiratori messa a guardia dell’accampamento viene dispersa, ma altra fanteria addestrata e disciplinata come si conviene alla tradizione sforzesca, afferra le lance lunghe e stabilisce un fronte invalicabile, che permetterà a Roberto Sanseverino di portare aiuto agli sforzeschi.2

Nell’ultimo terzo del XV secolo però, nonostante il raggiungimento dell’apice della strategia difensiva-controffensiva, da parte della fanteria di tipo italiano, si assiste all’avvento e allo sviluppo di un nuovo tipo di fanteria, con fortissime influenze svizzere e che diversamente da quella italiana per circa cento anni a venire, saprà tenere testa persino alla cavalleria.

Questa nuova fanteria, nonostante si affacci saltuariamente in Italia, attraverso i cantoni svizzeri assoldata da signorotti locali, trova la sua duratura affermazione per mezzo della guerra burgundica (1476-77)3.

È una fanteria di pastori armata di lancie lunghe, strutturata diversamente da quella italiana quattrocentesca che si disponeva al massimo in schiere di due fila.

Composta da profonde falangi quadrate, presenta sul campo una nuova temibile arma, la selva di picche.

Mentre la fanteria di tiratori, applica la strategia lenta e logoratrice dell’arma da getto, quest’ultima usa quella devastante e risolutiva dell’arma bianca.

Il quadrato svizzero è composto da 6000 uomini, disposti su settanta righe, per ottantacinque uomini di fronte.

Esercito composto di tre quadrati di circa 100 metri per lato, che oltre a tenere a bada la cavalleria, disposta al massimo su due file e con una lancia molto più corta, non ha più timore neanche della fanteria di tiratori.

Con disciplina e compattezza questa massa enorme, irta di picche, riesce in poco tempo a superare le distanze, e a travolgere tutto quello che gli si para innanzi, con un effetto devastante sia sul piano fisico che morale degli avversari.

L’unico limite di questa fanteria,viene dal fatto che per manovrare al meglio un simile esercito, vi è bisogno di grandi spazi in piano o con leggera ondulazione.

La tattica comunque è la seguente, il primo quadrato assorbe l’urto frontalmente, il secondo si affianca e inizia a portare la sua azione sul fianco, del nemico mentre il terzo sferra l’attacco decisivo sull’altro lato.

In effetti è proprio in questo periodo, che la fanteria di tiratori perde definitivamente il suo ruolo dominante e viene asservita alla maniera di combattere alla svizzera, maniera di cui gli italiani si approprieranno molto presto.

Già nel 1512, durante la battaglia di Ravenna, in un periodo di poco posteriore all’affermazione del quadrato svizzero tramite le guerre burgundiche (1476-77), troviamo tra le fila dell’esercito ispano-pontificio, un quadrato di 4000 picchieri italiani in maggioranza romagnoli, agli ordini di Ramazzotto da Forlì.

1 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p. 833-834, p. 841 ma nell’esercito sforzesco ci dovrebbero essere molti armati di lunga lancia o di picca…

2 G.Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Commentarii, Muratori , in RR.II.SS, nuova edizione, vol.XXI, parte II. pp. 408-409

3 P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p .842

fig67

fig67

fig68

fig68

fig70

fig70

fig72

fig72

Seguendo l’esempio quindi della cavalleria nelle compagnie di ventura1, anche la fanteria ebbe una sua particolare organizzazione come si deduce, dall’interessante contributo di Andrea da Mosto2. Secondo le ricerhe del Da Mosto3, risulta che la suddivisione principale fosse tra fanti provvisionati4 e fanti mercenari.

Nell’ultimo caso citato il fante non viene più assunto singolarmente, operazione che avrebbe richiesto un notevole spreco di tempo con conseguente mole di lavoro burocratico, ma l’operazione di reclutamento avviene attraverso un ufficiale responsabile appunto detto conestabile.

La figura del conestabile, ricoprirà sempre per questa tipologia di fanteria un doppio ruolo, non solo capo militare ma anche di datore di lavoro.

Naturalmente queste due tipologie di fanteria, erano suddivise secondo una precisa linea gerarchica5 ma con la singolarità che, il numero di persone all’interno di queste squadre fosse molto variabile, tanto da non rispettare apparentemente nessun criterio.6

Solo l’Orsini, nel suo già citato Governo et esercizio della militia7 ci consiglia che ogni 50 paghe, ovvero anche 100 ci debba essere un caposquadra.8

Si può quindi affermare, che sebbene vi fosse una sorta di standardizzazione gerarchica, non vi era certamente una standardizzazione numerico operativa9

Avendo come punto di riferimento gli ordinamenti dell’esercito papale, al vertice vi troviamo sempre il conestabile, generalmente montato a cavallo, scelta questa prettamente tattica, dettata dall’esigenza di potere avere una migliore visuale del campo di battaglia, e dell’essere punto di riferimento durante lo scontro.

Direttamente sotto i conestabili vi erano i caporali o i capisquadra, nel caso si trattassero di fanti provvisionati; nel caso invece di fanti mercenari assunti al bisogno, i gradi in ordine decrescente sempre sotto il conestabile erano, caposquadra, capo, caporales e socii.

Una parziale conferma della sistema gerarchico appena citato, la troviamo nelle Nuove disposizioni del banco degli stipendiari del 1434 redatta a Venezia10.

Al più alto grado compare il conestabile, seguito dal caporale e dal fante, anche se qui viene omesso se si tratti di fanti mercenari assunti al bisogno o provvisionati.

Oltre a queste figure, come descritto dall’autore nel capitolo sui non combattenti, oltre ai fanti veri e propri segnati sui libri paga, evidenziamo attraverso i documenti la presenza di un fitto sottobosco di servitori, chiamati a seconda dei casi famigli o soci, che assistevano il fante vero e proprio, ma che sicuramente davano assistenza anche durante il combattimento.

1 Per maggior chiarezza vedi Mario del Treppo. Gli aspetti organizzativi economici e sociali di una compagnia di ventura italiana. Rivista Storica Italiana. LXXXV. Napoli 1973.

2 A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902)

3 A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902), p. 21; a questo proposito anche P. Pieri. Le milizie sforzesche ( 1450-1534 ). Storia di Milano. XIV. Fondazione Treccani. Milano p. 831

4 Il fante provvisionato era un soldato scelto e particolarmente esperto assunto alle dirette dipendenze dello Stato e che percepivano una provvisione o provvigione (stipendio) durante tutto l’anno.

5 A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902) p. 21

6 Per un’idea sul numero dei fanti per compagnia vedi le tabelle a p. 455-456 in Carlo E. Visconti. Ordine dell’esercito ducale sforzesco 1472-1474. Archivio Storico Lombardo. S. III. 1876

7 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Milita,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933

8 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 45-46

9 In sottordine si trovano altri graduati detti capi, caporales, e socii, neppure essi in proporzione costante coi loro dipendenti. Se ne trovano ad ogni 4, 5, 7, 15 uomini ecc. A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902), p.21

10Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

A questo proposito, vorrei sinceramente ringraziare Lorenzo Calabrese che prima ha decifrato e poi tradotto dal latino, in maniera egregia i documenti citati.

fig92

fig92

fig100

fig100

fig101

fig101

fig102

fig102

Notizie loro riguardanti, le troviamo nella parte finale dell’elenco degli stipendiari, dove si descrive l’armamento previsto per i famigli,1anche il Da Mosto ci informa che; insieme ai fanti si trovavano dei paggi o dei servi addetti al loro servizio,2un ulteriore conferma viene dall’ Ordine dell’Esercito Ducale Sforzesco3 scritto dall’Orsini, che elenca nel suo conteggio sia i fanti identificati come paghe (combattenti veri e propri) ed in compagni (sicuramente servitori o attendenti).

Ma quali sltre suddivisioni vi erano poi, oltre la componente gerarchica e numerica?

In questo frangente ci vengono in aiuto i documenti studiati dal Da Mosto, che ci presentano anche la ripartizione effettuata secondo la specialità d’arma.

Vi sono i targhieri o targonieri o targhe, (fig.72)4 equipaggiati con scudo ovale generalmente piatto o convesso, in doghe di legno5 ricoperto di cuoio dipinto con i colori araldici dell’impresa del capitano di ventura che ha una lunghezza come mostratoci nell’iconografia, dal collo al ginocchio(fig. 7)6 o come in alcune miniature anche molto più piccoli.

Questo tipo di scudo veniva usato anche in campo aperto, (fig.60, fig.66, fig.68)7 ma la sua funzione principale era per dare l’assalto alle mura con le scale, (fig.8, fig.18)8 o per dare riparo a balestrieri e schioppettieri (fig.13, fig.15 fig.16)9 durante le operazioni di assedio.

Sempre nell’ambito di fanteria armata di scudi, i rotularii armati di rotella (fig. 8, fig. 9, fig. 10, fig.72)10, uno scudo rotondo e convesso, sempre in doghe di legno e cuoio.

Riguardo all’uso dello scudo durante gli assalti con le scale, una conferma scritta ci arriva anche dal trattato di scherma Monomachia del 1540 circa del maestro Francesco di Sandro Altoni11 che scrive: Capitolo 9 del 2° libro … ma perché si disse nel principio di questo capitolo che l’è utile a salire in su le muraglie per le scale coprendosi si debbe sapere che in tal caso si ha alzar la mano della rotella alta appiccandola allo scalare della scala in modo che la rotella stia sopra ‘l capo, e sopra la persona a guisa d’un tetto che caschi a sdrucciolo per il luogo del braccio, et alla parte prima del quale verso la spalla ha da essere appoggiata la tempia sinistra, a fin che cascando peso alcuno su la rotella, non venga a offendere il capo, o almanco a non lo offender tanto, e che i sassi che caderanno su la rotella sdrucciolino giù sendo lei pendente, e la man destra armata, o di spada, o d’altro, stia bassa con la punta in su da poter abbracciare la scala e spignere in su per ferire quando sia il tempo, la man sinistra che piglia la scala mostra chiaramente di quanto utile sia il far la presa della mano nella rotella tanto verso l’orlo, che la possa con molta comodità pigliare non solamente la scala, ma sendo in terra ricorre un’arme in asta o altro che vi fussi.12

1 Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

2 A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902) p. 22

3 Carlo E. Visconti. Ordine dell’esercito ducale sforzesco 1472-1474. Archivio Storico Lombardo. S. III. 1876 p.450

4 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

5 Purtroppo ad ora non si posseggono informazioni sufficienti, per verificare se si trattasse di una sola fila di doghe accostate o di due sovrapposte e incrociate, secondo la consuetudine degli scudi dell’esercito romano.

6 Elaborazione grafica dell’Autore tratta dal manoscritto De Machinis, Ms. Lat. 7239, folio 102, Bibliothèque Nationale de France, Parigi.

7 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

8 Elaborazione grafica dell’Autore tratta dal manoscritto De Machinis, Ms. Lat. 7239, folio 102, Bibliothèque Nationale de France, Parigi.

9 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio112

10 Elaborazione grafica dell’Autore tratta dal manoscritto De Machinis, Ms. Lat. 7239, folio 102, Bibliothèque Nationale de France, Parigi; fig 72 fante in secondo piano, Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

11 Nonostante il volume a stampa sia del 1540 è quindi posteriore al periodo da noi analizzato, dobbiamo considerare che probabilmente prima uscì in manoscritto, e che di solito questi trattati si scrivevano a fine carriera, ragion per cui quindi gli insegnamenti riguardavano tecniche usate sicuramente nel XV secolo anche se sul finire.

12 Francesco di Sandro Altoni, Monomachia, Trattato dell’arte della Scherma, a c. A. Battistini, I.Venni; Il Cerchio, Rimini 2007

tav9

tav9

tav10

tav10

Vi erano i picchieri e i lancieri con lancia lunga e corta,(tav.14)(fig.102)1impiegati per la difesa dei tiratori(balestrieri, arcieri e schioppettieri) dalle cariche di cavalleria ,2 o dalle altre schiere di lance lunghe(fig.14, fig16)3

La restante fanteria era suddivisa in balestrieri con balestra a crocco e ad mulinellum, (fig. 65, fig 70) 4 arcieri,(fig.12 )5 e schioppettieri armati di schioppetti di bronzo o di ferro (fig.64) 6.

Analizziamo ora, nello specifico l’armamento dei fanti.

La Raccolta di ordinanze datata 1434 nell’Archivio di Stato di Venezia, documento redatto pochi anni prima della battaglia di Anghiari, dice, anzi ordina chiaramente, come devono essere armati i fanti, gli ufficiali e i sottoufficiali.7

Disposizioni che tenevano conto, di ciò che veniva dichiarato al momento del reclutamento, prova ne è il fatto che, nella parte finale del documento si trovano le pene pecuniarie per ogni arma o pezza d’armatura, dichiarata ma mancante durante le ispezioni.

Non solo pene pecuniarie però venivano comminate, ma anche valorizzazioni, poiché come afferma l’Orsini nel suo Governo et Exercitio de la Militia,8 chi è meglio armato debba essere anche meglio pagato.

La Raccolta di ordinanze datata 1434 ci ordina che il Conestabile, ( tav 9.)deve avere pancera, celata, bracciali, armisias, spada, ronca o ascia o glavarina e targone9.

La pancera in questo caso non corrisponderebbe alla corazzina, una protezione di piastre di ferro sagomate rivettate ad un supporto di tessuto senza maniche, ma una sorta di petto d’arme di cui purtroppo non ho riscontro né iconografico né museale.

Certezza di questo, lo si ha leggendo il trattato Governo et Exercitio de la Militia10 in cui l’Orsini elencando le armi del saccomanno, mette in evidenza la differenza tra corazzine e pancere pur non descrivendole.

I bracciali invece, dovrebbero indicare non i guanti che verrebbero citati con il loro nome, ma una protezione dell’avambraccio non ancora rilevata né nelle fonti iconografiche, né in quelle museali, rimane tuttavia un ragionevole dubbio che invece il termine stia a designare i guanti o le manopole di ferro.

Con gli armisias si indicano certamente gli arnesi da gamba, protezione difensiva articolata composta da cosciale, ginocchiello e schiniere.

Per Ascia si intende sicuramente l’Azza, martello d’arme immanicato, alto quasi come una persona (fig. 92)11 da usarsi a piedi, con il manico corto invece da usarsi a cavallo.12

1 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

2 Vedi racconto riferito alla nota 18

3Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio102

4Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

5 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio 1 recto

6 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

7 Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

8 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 43-46

9 Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

10 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 42

11 Paolo Uccello, Battaglia di San Romano, trittico, tempera su tavola, 1438 circa, vedi nel pannello Intervento decisivo di Michele Attendolo a fianco dei fiorentini, Museo del Louvre, Parigi

12 Paolo Uccello, Battaglia di San Romano, trittico, tempera su tavola, 1438 circa, vedi nel pannello Niccolò da Tolentino alla testa dei fiorentini, National Gallery, Londra, sulla parte sinistra uno dei due cavalieri che si affrontano impugna un azza corta da cavalleria.

tav11

tav11

Sul termine glavarina invece spunta un dubbio, poiché il Da Mosto, lo traduce come una sorta di mazza con molte punte1, mentre alcuni documenti la annoverano tra i tipi di lancia con il nome di chiavarina (fig.9, fig.10)2con forti sospetti che si tratti del lanciotto da getto.

Sul libro di Martelli, Ricordanze dal 1433 al 1483, troviamo infatti dei passi dove vi è scritto; e in più dividemo per metà e targhoni, le lancie e chiaverine e spiedi ci trovavamo3, e ancora sullo stesso libro 32 lancie da fanti appiè tutte ferrate, 4 chaverine belle, j sardesca, 2 spiedi belli, j partigiana cholle guardie4 .

È evidente che si parla esclusivamente di armi in asta, e il nome simile fa supporre a una alterazione linguistica per descrivere lo stesso tipo di lancia.

Parlando dei Caporali, sempre secondo la Raccolta di ordinanze datata 1434(tav.9) debbono essere armati alla stessa maniera (dei conestabili) ma in più si dispone che non debbano avere ragazzo minore di quattordici anni robusto da poter tenere il targone5.

Proprio per quest’ultima raccomandazione si capisce che sul cassone raffigurante la battaglia di Anghiari conservato a Dublino(fig.67)6 la figura del fante in primo piano è probabilmente un caporale, poiché non è montato a cavallo e diversamente dagli altri fanti dietro di lui che hanno una lancia indossa una corazzina evidenziata dai ribattini ed è armato di spada.

Altro esempio, nel trittico di Paolo Uccello sulla Battaglia di San Romano (fig.92)7 il fante in primo piano tiene un’azza e uno scudo, armamento tipico dei caporali come decritto nel banco degli stipendiari del 1434.8

La suddivisione dei fanti invece avviene a seconda che abbiano uno, nessuno, o più famigli.(tav.10)

I fanti che dispongano di un solo famiglio(fig.11)9, (tav.11) è sufficiente che abbiano almeno celata, un bracciale a destra, spada, schinieri e targone10, e abbiano in mano lancia che possano passare al famiglio quando lo stesso famiglio porga a loro il targone11

I fanti con più di un famiglio devono essere armati nello stesso modo come sopra12, con lancia in mano che danno al famiglio che porta con sé il targone tutti gli altri famigli devono avere almeno celata, bracciali, lancia e spada(tav.10).

I fanti con solo il soldo devono avere almeno, celata, bracciali, spada, lancia o arco oppure balestra a crocco (a maneta), purché siano abili con l’arco o con la balestra.

In questo caso non viene specificato il solo bracciale destro, ma bracciali poiché non si fa menzione di targone, quindi si presume che questo tipo di fante combattesse solo con lancia e spada

1 A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902), p.22

2 Elaborazione grafica dell’Autore tratta dal manoscritto De Machinis, Ms. Lat. 7239, folio 102, Bibliothèque Nationale de France

3 U. di Niccoli Martelli, Ricordanze dal 1433 al 1483 Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1989 p.269

4 U. di Niccoli Martelli, Ricordanze dal 1433 al 1483 Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1989 p.275

5 Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

6 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

7 Paolo Uccello, Battaglia di San Romano, trittico, tempera su tavola, 1438 circa, vedi nel pannello Intervento decisivo di Michele Attendolo a fianco dei fiorentini, Museo del Louvre, Parigi

8 Vedi armamento del caporale del presente contributo

9 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio 1 recto

10 Qui non si fa menzione di corazzina perché il targone già assolveva abbondantemente alla difesa del fante

11 Dalla descrizione sembrerebbe che la lancia venga usata senza targone e che venga porta al famiglio in cambio del targone in maniera tale da poter iniziare gli scontri con la spada

12 Ulteriore conferma di questo tipo di armamento si trova in, A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche della stato Romano dal 1430 al 1470, in “Quellen und Forschungen aus Italinische Archiven und Biblioteken”, 5 (1902) p. 22

tav12

tav12

tav13

tav13

Addirittura nella parte finale viene ordinato che per ogni 25 di questi ultimi fanti armati con balestra o arco vi debbano essere almeno 8 targoni1, motivato dal fatto che messi uno a fianco all’altro costituiscano un efficace muro difensivo.(fig.13)2

Orso degli Orsini invece nel Governo et exercitio della militia, nonostante non parli né di bracciali né di schinieri, ci consiglia di difendere il fante con una corazzina oltre che con la solita celata. 3

Prendendo in esame schioppettieri e balestrieri(tav. 12) sappiamo che formavano compagnie a sé stanti, questo per ragioni di natura pratica, poichè erano radunati per migliorane l’efficacia di tiro,come si vede sul dipinto della battaglia di Anghiari di Dublino e che ce li mostra a lato del ponte ordinati in linea sparare sulla cavalleria.4

Sempre dalle ordinanze di Venezia abbiamo notizia di come dovrebbero essere armati i balestrieri, su cui viene operato un distinguo in base al campo di impiego.

In campo(tav.12) (fig.65, 68, 70, 100)5quando agiscono da assedianti o in battaglia devono avere balestra con mulinello, celata, bracciali, spada e crocco o maneta6; nei fortilizi(tav.13) invece devono avere celata, pancera o corazza, bracciali, spada e crocco o maneta.7

La pancera o corazza nei fortilizi viene ordinata come armamento aggiuntivo poiché nonostante la protezione delle ventiere8 tirare dai merli espone pericolosamente al tiro avversario.

Questa disposizione comunque non rispecchiano totalmente la realtà poichè come si vede in altra miniatura in questo caso il balestriere indossa una corazzina per uno scontro in campo aperto(fig.17)9

Per gli schioppettieri bisogna fare poi un discorso a parte sulle modalità di reclutamento, infatti diversamente da tutte le altre specialità non erano assunti in gruppo ma personalmente data l’alta specializzazione che dovevano avere.

La certezza ci arriva da documenti conservati alla Fraternita dei Laici di Arezzo in cui si leggono i nomi di ogni schioppettiere con diverse informazioni sulla paga ricevuta o da ricevere10.

Per ultimi ma non ultimi, in quanto precedevano l’esercito in ogni attività parleremo dei guastatori.

Come ci scrive il Carafa nei sui Memoriali, Sì che sempre dicti guastatori volino essere ante dì in camino per acconçare le vie per lo loco, i guastatori precedono sempre l’esercito per sistemare le strade, rimuovere gli ostacoli, fortificare gli accampamenti o in alternativa distruggere, ostacolare, espugnare. 11

Come detto, questa particolare branca era addetta a tutte quelle opere ossidionali volte a fortificare, a permettere l’espugnazione.

L’Orsini nel suo Governo et exercitio della militia, dice che dovrebbero portare attrezzi di ogni sorta e più precisamente czappe, pale, accepte et ronche12per quanto riguarda il lavoro, mentre per quanto riguarda la difesa personale dovrebbero avere sempre con loro una bona cortella da taglio

1 Ulteriore conferma l’abbiamo in P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 46

2 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio 112

3 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 46

4 Cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

5 Elaborazione grafica dell’Autore di cassone raffigurante la battaglia di Anghiari, conservato alla National Gallery di Dublino (cat. N778).

6 Sistemi di sgancio della balestra

7 Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg.XII, cc.136-9

8 Riparo mobile basculante di legno fissato tra merlo e merlo

9 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio 1 recto

10  F. Viviano, Registri della compagnia di Micheletto Attendolo , nella Fraternita dei Laici di Arezzo, libro 3574.

11 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 87

12 Qui il termine ronca sta ad indicare non il tipo di arma ma il tipo di attrezzo di origine contadina per tagliare il legname, P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali,, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 47

tav14

tav14

ad lato da servireseve in omne bisogno…e un archo in manu con le frecce, a ciochè quando non bisognasse lavorare, potessero trare et fare damno a li nemici come li altri.(tav.14; fig. 12)1

Vengono addirittura descritti anche i tipi di arco da usare come, i longbow di tipo inglese di legno di tasso o bosso o gli archi alla turchesca in osso,2 con il consiglio di tirare da luochi più securi che li fanti, 3quindi dalle retrovie e sicuramente con un tipo di tiro non teso, ma a parabola.

Diversamente dall’Orsini invece il Carafa scrive dico de haverno alle spalle gente d’arme et fanti per lloro securitate, ad ciò non patessero dampno,quindi espressamente ci dice che i detti guastatori siano seguiti da truppe di cavalleria e fanteria proprio per evitare che combattano o che vengano uccisi.4

Nonostante la loro categoria fosse di fondamentale importanza, specialmente nell’ottica della strategia italiana, la loro attività era considerata ignobile dalle altre categorie di fanti, quindi nel caso mancassero guastatori volontari, l’Orsini esorta ad arruolarli nelle terre suddite secondo un sistema ad elezione, con la raccomandazione di pagarli esattamente come gli altri fanti, in modo da non arrecare danno con la loro mancanza alle medesime terre.

Per terminare riporterò una piccolissima parte degli attrezzi usati dai guastatori, presente nell’ Ordine dell’esercito ducale sforzesco 1472-1474 a pagina 4725:

rexeghe 14 da refendere legnami da manoelle… rexeghoni6 3 da schavezare legnami…manere 6 da magistero di lignamo7…segure 12… segurette 108… azze 6 de ferro… martelli 12 da gambaro9…badili 60…badilesse 60…zappe 40 da testa…zaponi 40 da gaya…picconi 50 da doe poncte…etc.etc.

Luigi Battarra mail: libraiomalatesta@yahoo.it

1 Elaborazione grafica a cura dell’autore tratta dal manoscritto Hesperis, Paris Bibliothequè de l’Arsenal, 630, folio 1 recto

2 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali”, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 47

3 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali”, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 48

4 P.Pieri, Il “Governo et Exercitio de la Militia,, di Orso degli Orsini e i “Memoriali”, di Diomede Carafa,. Napoli 1933 p. 87

5 Carlo E. Visconti. Ordine dell’esercito ducale sforzesco 1472-1474. Archivio Storico Lombardo. S. III. 1876

6 Grosse seghe per ritagliare travi o abbattere alberi

7 Attrezzo per tagliare il legno simile alla mannaia da macellaio

8 Scuri per tagliare il legname di diverse dimensioni

9 Martello da carpenteria usato anche per levare i chiodi

Luigi Battarra mail: libraiomalatesta@yahoo.it

 

Commenti chiusi.