Le croci rosse dei veneziani alla battaglia di Agnadello e i segni di riconoscimento degli eserciti italiani nel XVI° secolo.

Da Soldatini num. 101, luglio-agosto 2013

 

Il cronista Gianandrea del Prato, autore della Cronaca di Milano dall’anno 1499 sino al 1519, parlando della battaglia di Agnadello del 14 maggio 1509 tra le truppe veneziane e quelle francesi del re Luigi XII, si sofferma su di uno stratagemma ideato da Giacomo Trivulzio, capitano milanese al soldo dei francesi. Il del Prato scrive: “Alcuni mi dicono, che nel cominciar della battaglia il Trivulzio, con intendimento, mandò una compagnia falsa con le croce rosse verso l’artiglieria de’ nemici, et quella con arte impedirno, non essendo da prima conosciuti da la squadra de’ soldati Veneciani, li quali portavano altresì la croce rossa, sì come quegli aviano”.

Da questo frammento si può dedurre che nel 1500 i soldati della repubblica di Venezia portassero, come segno di riconoscimento, la croce rossa.

Questo segno rosso di appartenenza era comparso sui campi di battaglia europei con la guerra dei Cent’anni, indossato dalle truppe inglesi in contrapposizione alle croci bianche dei francesi loro avversari. La mancanza all’epoca di uniformi che contraddistinguessero i belligeranti tra loro, che spesso usavano le stesse armi o lo stesso abbigliamento, rese necessaria l’adozione di simboli o segni ben visibili portati sul petto, sulle spalle o sulle gambe dei soldati.

La croce rossa di Sant’Andrea era il simbolo usato dai fanti e cavalieri della Borgogna, che traeva origine dalla croce nodosa formata da due tronconi di legno incrociati, impresa dei duchi borgognoni. Nelle raffigurazioni delle cronache svizzere relative alle battaglie di Grandson e Nancy queste croci rosse si contrappongono a quelle bianche dei fanti svizzeri vincitori.

In seguito la croce di Sant’Andrea verrà ereditata dall’imperatore Massimiliano I quando sposerà Maria di Borgogna, figlia unica del duca Carlo il temerario, e poi dal nipote Carlo V.

Con quest’ultimo il segno diverrà il principale simbolo di appartenenza delle truppe imperiali.

Così per tutto il XVI secolo nello scacchiere europeo vi erano la croce bianca in uso agli eserciti francesi e svizzeri; la rossa di Sant’Andrea a segnalare tutte le truppe imperiali (spagnoli, tedeschi, fiamminghi ecc.) e la croce rossa di forma latina, portata dagli inglesi. Il resto delle truppe dei paesi soggetti o al servizio di questi stati adottava lo stesso segno o l’opposto se nemici.

Perciò i veneziani ad Agnadello si segnarono con la croce rossa (vedi fig.1) non perché era un simbolo di loro appartenenza ma in contrasto con quello bianco francese. Invece con guerra della Lega di Cognac che si svolse dal 1526 al 1530 i veneziani, questa volta alleati ai francesi contro l’impero, adottarono la croce bianca in opposizione a quella rossa dei nemici.

Fig.1 fante cernite veneziane agnadello

Questo segno viene più volte ricordato dal Sanudo nei Diarii e dallo storico fiorentino Guicciardini nelle Opere inedite, dove in una lettera del giugno 1526, descrivendo gli alloggiamenti degli alleati (veneziani, fiorentini e soldati dello stato della Chiesa) scrive: “i Viniziani hanno le croci bianche, i nostri bianche e rosse”.

Queste ultime, portate da papali e fiorentini, probabilmente erano formate da un braccio bianco e l’altro rosso.

Ancora i fanti e cavalieri fiorentini durante l’assedio imperiale dal 1529 al 1530 portavano la croce o la banda bianca come lo ricorda Benedetto Varchi. Mentre il Diario fiorentino pubblicato dal cardinale Ridolfi, riferendo dei preparativi della repubblica alla difesa della città dagli imperiali, così descrive le bandiere della milizia arruolata tra i giovani di Firenze: “Il 25 gennaio 1528 si spiccò 16 bandiere verdi cò loro segni di gonfaloni, in piazza che erano fatte di nuovo pé la milizia” (vedi fig. 2). Il colore verde simboleggiava la speranza di libertà della repubblica, mentre i segni dei gonfaloni erano gli emblemi dei quartieri della città.

Queste bandiere verdi riapparvero portate dai fuoriusciti fiorentini alla battaglia di Scannagallo del giugno 1554, con le scritte Libertas o SPQF. Alcune sono visibili nell’affresco sulla battaglia eseguito dal Vasari nel Palazzo Vecchio a Firenze.

Fig.2 Milizia fiorentina 1528

Scrivendo sull’araldica militare italiana del primo ‘500 non si può non menzionare la famosa compagnia di ventura delle Bande Nere, capitanata da Giovanni de’ Medici. Gli storici raccontano che il condottiero, alla morte del papa Leone X, fece annerire le proprie insegne in segno di lutto.

Alcuni storici dicono che le bandiere erano completamente nere, altri invece sostengono che esse fossero attraversate da una banda nera. Blaise de Montluc scrive nei Commentaires che gli uomini di Giovanni Dei Medici portavano tutte le insegne nere e anche i loro stessi abiti erano completamente neri.

Un’altro segno di riconoscimento degno di menzione è la croce di sant’Andrea visibile nell’affresco “il Giuramento” del Palazzo Imperiale di Pesaro. Il dipinto rappresenta le truppe fedeli di Francesco Maria della Rovere mentre pronunciano il giuramento di Sermide del 1517, a seguito del quale si arriverà alla riconquista del ducato di Pesaro da parte dello stesso Francesco Maria. Nel dipinto, i soldati che erano mercenari, nella maggioranza spagnoli e il resto italiani, sono contraddistinti sui giubboni e sulle bandiere dalla croce di Sant’Andrea formata da un braccio rosso e l’altro verde.

Per concludere sono da citare le croci rosse portate dall’esercito aragonese nella spedizione contro Milano dell’agosto 1494, organizzata da Ferdinando II d’Aragona, duca di Calabria nonché figlio del re di Napoli Alfonso II.

L’esercito aveva raggiunto la Romagna con l’intento di attaccare il Milanese e “convincere” Ludovico il Moro ad abbandonare l’alleanza con la Francia. Ma gli scarsi aiuti degli alleati fiorentini e del papa Alessandro VI e l’arrivo dell’esercito francese del re Carlo VIII in Italia fecero naufragare l’impresa di Ferdinando, che dovette ritirarsi nel Regno di Napoli.

In una lettera pubblicata nell’Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena riguardo le truppe aragonesi accampate a Cesena si legge: “Tucti li soldati portano sulla spalla la becha bianca con le croci rosse che è il contrassegno pel quale si conoscono fra li inimici quando venissino alle mani”. La “becha” o “becca” era una striscia portata dai soldati ad armacollo, che in seguito verrà chiamata bandoliera. Di colore bianco avrebbe dovuto portare le croci come nella ricostruzione della fig.3.

Fig. 3 fante aragonese 1494

 

Fig.1 Fante delle cernite veneziane ad Agnadello. Le cernite erano una milizia arruolata da Venezia nei territori soggetti, pagata in parte dallo stato e in parte dalla comunità di provenienza. Il fante è armato di picca e come protezione porta solamente una celata sulla testa. Sulle calze mostra i colori della “divisa”di Bartolomeo d’Alviano, governatore generale di Venezia.

 

Fig. 2 Porta bandiera della milizia fiorentina all’assedio di Firenze, è protetto sul capo da una borgognotta e sul busto da un giubbone imbottito. La bandiera verde porta il segno del lion bianco, gonfalone del quartiere di Santa Maria Novella.

 

Fig.3 Fante aragonese in Romagna nel 1494, armato di ronca, indossa sopra il farsetto una giornea azzurra e sulle calze i colori d’Aragona. La Cronaca figurata napoletana descrive così le truppe del duca di Calabria Ferdinando alla partenza da Napoli verso il ducato di Milano di Ludovico il Moro.

 

Bibl. G. del Prato, Storia di Milano, in Arch. stor. ital. III° 1842, p.275; M. Sanudo, I Diarii, LI, pp. 461, 609, 614; F. Guicciardini, Opere inedite, Firenze 1863, p.99; B. Varchi, Storia fiorentina, vol.II, Firenze 1857, pp. 324, 447 e 487; R. Ridolfi, Diario fiorentino di anonimo, in Arch, stor. Ital., CXVI, 1958, p.368; B. de Montluc, Commentaires, Paris 1864, p. 91; G.L. Moncallero, Epistolario di Bernardo Dovizi da Bibbiena, vol.I (1490-1513) Firenze 1955, p.91; R.Filangieri, Una cronaca napoletana figurata del Quattrocento, Napoli 1956, p. 106.

 

 

 

 

 

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