Le insegne della battaglia di Mühlberg 1547

Articolo pubblicato su “Soldatini” numero 96, ottobre 2012

Nella biografia intitolata “Vita dell’invittissimo imperatore Carlo V austriaco” scritta da Gregorio Leti, sono ben descritte le insegne appartenute all’esercito imperiale nella spedizione in Germania contro i luterani, impresa che portò alla battaglia di Mühlberg del 1547. Questo testo si trova in rete ed è scaricabile da Google libri nell’edizione del 1700, la stessa della stesura. Leti racconta la vita dell’imperatore asburgico utilizzando le cronache coeve del ‘500 di cronisti come Prudencio de Sandoval, Alfonso de Ulloa, Paolo Giovio e altri.

Prima di descrivere le insegne facciamo brevemente riferimento al fatto storico. All’inizio del ‘500 l’avvento del luteranesimo sconvolse le società civili della Germania, dove fino a quel momento il potere ecclesiastico era stato molto forte. Alle riforma protestante aderirono la maggior parte dei tedeschi, principi, nobili e ricchi borghesi fino al ceto più basso dei contadini. Basandosi sulle idee di uguaglianza scritte nei Vangeli ed estremizzando il messaggio di Lutero, nel 1524 in molte zone della Germania la piccola nobiltà e i contadini si ribellarono contro gli abusi della società feudale. Lutero però non appoggiò la rivolta anzi la condannò, prendendo le parti dei principi. Questi con i loro eserciti, dopo violenti scontri, sedarono nel sangue la ribellione nel 1525.

In seguito l’alleanza tra i riformatori luterani e alcuni del maggiori principi tedeschi trovò un fronte comune nella ribellione non solo alla Chiesa ma anche all’imperatore Carlo V. Dapprima quest’ultimo cercò di riconciliare i luterani e la Chiesa romana poi, fallito il tentativo, si schierò apertamente per il Papa.

Nel 1531 i maggiori esponenti politici del movimento luterano formarono la Lega di Smalcalda, un’alleanza politico-militare con lo scopo di difendersi dagli attacchi dell’imperatore. La Lega era costituita da Filippo I d’Assia, Giovanni Federico elettore di Sassonia e altri principi, inoltre da città protestanti come Strasburgo, Costanza, Lindau, Memmingen e altre.

La Lega confiscò terreni alla Chiesa, espulse vescovi e principi cattolici e diffuse il luteranesimo nella Germania del nord.

Causa l’attacco dei turchi in Ungheria nel 1532 e la guerra contro la Francia dal 1542 al 1544, Carlo V non riuscì ad occuparsi in maniera incisiva della questione tedesca. Dato che i protestanti non volevano riconoscere il Concilio di Trento, l’imperatore nel 1546 organizzò una campagna militare contro la Lega alla quale partecipò egli stesso con il fratello Ferdinando I d’Asburgo, re di Boemia e Ungheria.

L’esercito imperiale era guidato da Fernando Álvarez de Toledo duca d’Alba, coadiuvato da altri illustri personaggi come Ottavio Farnese, nipote del Papa Paolo III e comandante delle truppe pontificie, il conte di Buren comandante del contingente fiammingo, l’arciduca Massimiliano d’Austria, Emanuele di Savoia, il marchese Alberto di Brandeburgo e tanti altri.

Come spesso accade, il numero degli effettivi varia molto nelle cronache dei cronisti. Per Alfonso Ulloa i fanti imperiali erano 45.000, mentre per Giovanni de Godoi erano 51.000, dei quali 12.000 italiani, 7.500 spagnoli e il rimanente tedeschi, ma c’erano anche contingenti di boemi e fiamminghi. Per la cavalleria il numero è ancora più impreciso e va dai 4.000 cavalli del Sandoval ai 12.000 del Godoi, divisi in squadre di tedeschi, italiani, fiamminghi, ungheresi, spagnoli, austriaci.

I luterani invece, guidati da Filippo d’Assia e dall’elettore di Sassonia, sempre secondo i cronisti filo imperiali, arrivavano a 60/80.000 fanti e 8/10.000 cavalieri.

Per Carlo V la guerra non fu facile, iniziò dapprima con una lunga campagna nella Baviera che portò alla vittoria di Ingolstadt nell’agosto 1546 ma anche a insuccessi come la battaglia presso Nördlingen nell’ottobre dello stesso anno.

All’inizio del 1547 causa perdite, diserzioni e contingenti lasciati nei presidi, le forze dei due contendenti si erano molto ridimensionate. Nella battaglia di Mühlberg in Sassonia il 24 aprile gli imperiali contavano circa 20.000 fanti e 4/5.000 cavalli, mentre i protestanti di Giovanni Federico di Sassonia 6.000 fanti e 3.000 cavalieri (le forze di Filippo d’Assia erano assenti). Inferiori di numero e con le fanterie prevalentemente composte da contadini, i luterani subirono una terribile disfatta. Secondo Gregorio Leti fu un massacro con migliaia di morti per i protestanti, la maggior parte uccisi nella fuga. Sembra che lo stesso Ferdinando I uccise di sua mano 15 uomini e fu visto un soldato imperiale portar via da solo altrettanti luterani, tutti legati.

Anche il duca d’Alba è menzionato nelle cronache per la sua ferocia, mentre Carlo V seguì la battaglia da molto lontano disteso su una lettiga a causa di un attacco di gotta, malattia che lo affliggeva da tempo.

Gli storici moderni calcolano i morti dell’esercito dell’elettore in 2/3.000 e in più di 1.000 i prigionieri, tra i quali l’elettore stesso e il duca Ernesto di Brunswick. Inoltre in 30 i pezzi d’artiglieria persi, insieme a 17 bandiere di fanteria e 9 stendardi di cavalleria. Mentre calcolano le perdite da parte imperiale in circa 50 morti.

 

stendardo di Carlo V

fig.1

Veniamo ora alle insegne del Leti; egli ne descrive 15, ecco le quattro più importanti:

Nell’Insegna della Compagnia di sua Maestà Imperiale vi era l’Aquila dell’Imperio, con un Crocifisso in mezzo alle due Teste, con questa Inscrittione: Tu es Protector meus, et Defensor meus”.

Intanto bisogna dire che all’epoca il termine insegna era generico per tutti i vessilli. La bandiera, di forma quadrata o rettangolare, apparteneva alla fanteria, mentre lo stendardo, con il battente a due code, era attribuito alla cavalleria e di conseguenza alla maggior parte dei nobili.

In questa ricostruzione (fig.1), lo stendardo di Carlo V ha il fondo rosso e porta il suo stemma al centro dell’aquila imperiale (come viene ricordato da Alfonso Ulloa). Lo stemma è tratto da un arazzo del 1540 e rappresenta nella parte alta l’eredità spagnola con la Castiglia-Leòn, l’Aragona, la Sicilia e Grenada e nella parte bassa le armi dei possedimenti Asburgo-Borgogna con l’Austria, la Borgogna antica e moderna, il Brabante, la Fiandra e il Tirolo.

In mezzo alle due teste dell’aquila c’è il crocefisso, che non appare mai nelle iconografie sulle insegne imperiali, in questo caso esso simboleggia la protezione di Cristo contro i luterani e, assieme al motto, dà all’insegna il significato d’impresa.

 

stendardo di Ferdinando d'Asburgo

fig.2

In quella del Re Ferdinando vi era un’aquila che sbrana un serpente, con tali parole: Mordente Mordior”. L’insegna (fig.2) rappresenta l’aquila e lo stemma di Ferdinando usati prima del 1556, anno in cui divenne imperatore del Sacro Romano Impero grazie all’abdicazione del fratello Carlo V. Lo stemma inquarta il leone di Boemia alle fasce d’Ungheria suoi regni, mentre l’arma al centro rappresenta il titolo di Arciduca d’Austria e Infante di Spagna. Il serpente rappresenta il luteranesimo che viene ucciso dallo stesso re.

Nell’insegna del Duca d’Alba vi era l’Imperatore che faceva la funtione di dargli la Patente di suo Luogotenente, e di sotto i piedi dell’uno, e dell’altro diversi Heretici tormentati da draghi, e serpenti con le parole: Super Aspidem, e Basiliscum ambulabis, et conculabis Lionem et Draconem”.

Fernando Álvarez de Toledo duca d’Alba era il comandante in capo dell’esercito imperiale e l’impresa raffigurata su questo stendardo assieme al motto dice che con il potere conferitogli dall’Imperatore il duca schiaccierà con i piedi il male (fig.3). Questa impresa sarà premonitrice per Fernando Álvarez, il quale molti anni dopo diventerà governatore dei Paesi Bassi spagnoli dove, a causa delle sue atrocità contro i protestanti olandesi, verrà soprannominato il macellaio delle Fiandre.

stendardo del duca d'Alba

fig.3

Nella Bandiera di Ottavio Farnese, Generale della Chiesa, vi era Christo che dava le Chiavi a San Pietro, con le parole: Et Portae Inferi non praevalebunt adversus eam”.

Il significato del motto è che le porte dell’inferno non prevarranno mai contro la Chiesa, mentre l’impresa in pratica rappresenta l’insegna ufficiale dello stato pontificio, cioè le due chiavi decussate o in croce di Sant’Andrea, apparse nell’araldica ecclesiastica fin dal XIII secolo (fig.4).

bandiera di Ottavio Farnese

fig.4

Riguardo i luterani Gregorio Leti cita 16 insegne (le stesse descritte da Prudencio de Sandoval), descrivendone solo i motti sul tessuto. Ecco di seguito un paio: “In una di Fanteria: In libertatem vocati estis Fratres. In una di Cavalleria: Venite eamus, et occidamus Bestiam magnam coccineam”.

Il primo motto incita i fratelli alla libertà, il secondo ad andare assieme a uccidere la grande bestia scarlatta, alludendo all’abito talare rosso del Papa e dei suoi cardinali.

In tutte le insegne non ci sono figure, a riprova che la simbologia della chiesa protestante è sempre stata particolarmente scarna ed essenziale.

Comunque, nelle cronache del Sandoval e dell’Ulloa vengono menzionati, in uno scontro presso il Danubio nell’agosto 1546, due stendardi appartenenti alla cavalleria di Filippo d’Assia, uno tutto rosso e l’altro tutto giallo. In seguito, in una grande scaramuccia nell’ottobre 1546 presso Ulm, appaiono anche le bandiere della fanteria luterana, tutte gialle. È il Sandoval che le menziona aggiungendo che per i luterani questo colore era il segno di riconoscimento, che si contrapponeva a quello rosso adottato dagli imperiali.

All’epoca non esistevano uniformi e spesso i soldati si distinguevano tra loro con fasce o bande di vari colori che scendevano dalla spalla e attraversavano il petto, oppure con fazzoletti legati sui bracci o con piume sul copricapo. Gli imperiali usavano il rosso, i francesi il bianco, qui vediamo il giallo per i protestanti.

L’editore spagnolo Almena ha da poco pubblicato un numero della serie Guerreos y Batallas dedicato a questa battaglia con il titolo “ Mühlberg 1547 El apogeo de Carlos V”. Il testo è buono, preciso nella spiegazione del periodo storico, dei personaggi, della guerra e della battaglia. Non fa però menzione a queste insegne appena descritte né ai segni di riconoscimento. Le otto illustrazioni a colori all’interno del libro, dedicate alle ricostruzioni dei soldati, mostrano solamente militi spagnoli. Non ci sono i nemici luterani ma neanche gli alleati imperiali, italiani, fiamminghi, austriaci, tedeschi ecc. Dagli studi e dalle cronache sappiamo che gli spagnoli erano circa 1/6 del totale dell’esercito di Carlo V, la cui maggioranza era formata da tedeschi.

Anche altre pubblicazioni della stessa collana come le battaglie di Pavia, San Quintìn, Cerignola, Garigliano hanno lo stesso limite, precisione storica in generale e poca ricerca araldica, con illustrazioni riferite quasi totalmente agli iberici, mentre il nemico, almeno visivamente, viene poco rappresentato.

In conclusione due parole sulla fine della guerra in Germania di Carlo V contro la Lega di Smalcalda. Dopo la vittoria di Mühlberg l’esercito imperial-cattolico ottenne la capitolazione del Wittenberg e la resa di Filippo d’Assia, distruggendo le speranze dei principi protestanti. Ma ormai la nuova confessione religiosa in Germania era talmente diffusa che rendeva il ritorno al cattolicesimo impossibile e di questo l’imperatore Carlo V era consapevole.

Con la pace di Augusta del 25 settembre 1555 venne sancita la dualità religiosa nell’impero. Furono riconosciute due religioni, quella cattolica e quella luterana, ma venne imposto ai sudditi di seguire la fede dei loro principi.

Ai governati non è mai concessa libertà, nemmeno di culto.

 

 

Biografia

G. Leti, Vita dell’invittissimo imperatore Carlo V austriaco, III°, Amsterdam 1700; P. Giovio, Il rimanente della seconda parte delle Historie del suo tempo, Venezia 1557; P. de Sandoval, Historia del Hemperador Carlos V, VIII°, Madrid 1847; A. de Ulloa, Vita dell’invittissimo e sacratissimo Imperador Carlo V, Venezia 1575; G. de Godoi, Commentari della guerra fatta nella Germania da Carlo V Imperatore, Venezia 1548; L. de Ávila y Zúñiga, Comentario de la guerra de Alemagna hecha de Carlo V Maximo Emperador Romano, Venecia 1548.

 

Di Massimo Predonzani

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