Al Museo Luigi Marzoli di Brescia è conservata una delle più ricche ed interessanti raccolte di armi antiche d’Europa. Si tratta di circa 1090 pezzi che sono stati costruiti dal XV° secolo al XVI° per le armi bianche e fino al XVIII per le armi da fuoco, tutte queste per la maggior parte frutto dell’abilità e perizia di artigiani lombardi.
Tra le 161 armature e parti di armatura del periodo dal XV° al XVII° secolo si trovano quattro armature o meglio corsaletti da fante alla tedesca detti da Landskenecht. Sono datate 1540-1560 e rientrano perciò nel periodo della battaglia di Ceresole o sono di poco successive. Di buona fattura, molto belle e qualcuna pure ben decorata con incisioni particolari. .
Le armature difensive delle fanterie dell’epoca erano prerogativa dei comandanti, degli ufficiali o dei doppio soldo, per tutti quelli cioè che avendo buone possibilità finanziarie potevano acquistarle. Alla metà del ‘500 una corazza da fante costava 16 fiorini dove la paga base per un soldato era di quattro fiorini al mese, paga che rimase costante per tutto il secolo, senza tener conto della continua svalutazione della moneta causa guerre, carestie ecc.
I comandanti erano nobili o ricchi e indossavano armature talvolta raffinate come il corsaletto da cavallo leggero conservato a Vienna e datato 1535 della fig. 1, appartenuto al comandante dei lanzichenecchi Konrad von Bemelberg. Il corsaletto presenta il petto decorato da incisioni che raffigurano lo stesso von Bemelberg inginocchiato in preghiera su di una specie di bara davanti al crocefisso, questo tipo di composizione religiosa d’obbedienza è ricorrente nell’araldica militare del periodo. Altri corsaletti erano meno elaborati, come quello da fante alla tedesca del Museo Marzoli ( fig. 2 ), il quale presenta incisioni decorative ai lati del petto, sulle cubitiere e sulle lame dei scarselloni ed è gemello alla mezza armatura conservata al Museé dell’Armèe di Parigi e datata 1540-1550 ( fig. 3 ).
Questi due pezzi sono perfettamente simili in forma, numero delle varie lame sugli scarselloni, spallacci e borgognotta con il coppo crestato pronunciato. Differiscono solamente per i motivi incisi tanto da far supporre che provengano almeno dalla stessa bottega di armaioli.
Le restanti tre armature da Landskenecht del museo di Brescia sono ancora più semplici e quasi prive di decorazioni tranne che per i tipici cordoni, a motivo cosiddetto a nodi, sullo scollo del petto e sulle guardascelle, vedi le figure 4, 5 e 6.
L’armatura era comunque prerogativa riservata agli appartenenti alle prime file del quadrato di picchieri di ogni esercito. Qui prendevano posto i più valorosi, i più alti in grado o i più ricchi anche se non necessariamente questi ultimi due gruppi avevano anche i requisiti del primo.
Le fanterie lanzichenecche e anche svizzere del periodo erano organizzate democraticamente, al loro interno vigeva la decisione comune e poteva succedere, come ricorda Reinhard Baumann nel suo bellissimo libro “I lanzichenecchi”, che il colonnello, prima della battaglia, richiedeva l’assenso dei fanti. Erano delle comunità di fratelli dove almeno in battaglia, il comandante e gli ufficiali prendevano posto in prima fila, il posto più pericoloso. Lo stesso Georg von Frundsberg, il più famoso dei comandanti lanzichenecchi, alla battaglia della Bicocca insieme ai suoi ufficiali si mise nella prima fila.
Tutti gli altri fanti erano “nudi”, come vengono definiti dal Baumann, perché sprovvisti di armi difensive. La stragrande maggioranza era formata da contadini o comunque, da appartenenti ai ceti più bassi della società, tutti possedevano oltre ai vestiti una lancia che costava all’epoca circa un fiorino, acquistata spesso a debito per poi onorarlo dopo la prima paga. Pochi quelli che riuscivano a proteggersi la testa con una borgognotta del costo di tre fiorini. Pochissimi quelli che possedevano e perciò si proteggevano con un pettorale e una schiena di ferro.
Abbiamo già detto che le armature del Museo di Brescia sono della metà del ‘500 e probabilmente di poco posteriori alla battaglia di Ceresole, comunque danno una buona idea dell’armamento dei lanzichenecchi nella battaglia, soprattutto confrontando questi corsaletti del museo con le iconografie di poco precedenti che li rappresentano.
A riguardo molto dettagliate sono le xilografie di Erhard Schoen datate 1540 circa e intitolate “Processione di lanzichenecchi”. Nella fig. 7 vediamo 5 picchieri di questa processione tutti protetti da una “mezza armatura da lanzichenecco” formata da collare di ferro, pettorale (qualcuno con scanalature alla massimiliana in voga all’inizi del ‘500 ) e scarselloni attaccati al pettorale a 7, 6 o 5 lame. Questi corsaletti sono simili a quelli di Brescia ( cfr. fig. 2, 4 e 5 ) tranne per le decorazioni e per il maggior numero di lame sugli scarselloni di questi ultimi. Differenti sono anche le borgognotte, quelle di Schoen leggermente più corte nella gronda che protegge la nuca e con la tesa o visiera pronunciata e movibile.
Nella fig. 8 vediamo altri 5 picchieri, con i due esterni provvisti di armature da fanti quasi complete, mancano soltanto le gambiere. Hanno bracciali e sul capo una borgognotta fornita di protezione per il viso. Il primo a sinistra ha il volto completamente coperto da una visiera di ferro con fori per la vista e per l’areazione. Baumann riguardo l’uso dell’elmo completo puntualizza che era poco apprezzato sia dai fanti che dai loro condottieri, tutti preferivano elmi più aperti che davano la possibilità di vedere e respirare meglio. Nella fig. 9 lo stesso tipo di borgognotta con visiera portati dal paggio del capitano in primo piano. Il disegno datato 1542 appartiene al libro sui costumi tedeschi del ‘500 di Matthaus Schwar di Augsburg.
Sempre nelle fig. 8 l’ultimo lanzichenecco a destra porta la borgognotta dotata di lamine verticali a protezione del volto. Una protezione simile la troviamo sull’armatura del museo di Brescia della fig.6 di cui vediamo il particolare dell’elmo nella fig. 10, questo elmetto alla borgognotta, è provvisto di guarda collo, otto orifizi all’altezza delle orecchie, tesa rotante e punta sulla sommità del coppo.
Ambedue i picchieri con l’armatura della fig. 8 hanno il petto con falda di tre lame identico al petto del corsaletto di Brescia della fig.5.
Mario Troso nel libro “L’ultima battaglia del Medioevo. La battaglia dell’Ariotta. Novara 6 giugno 1513” osserva un particolare molto interessante riguardo l’uso delle corazze da parte delle fanterie mercenarie dell’epoca. Pubblica la foto del petto e della schiena della corazza appartenuta al capitano svizzero Feer Peterman, conservata all’Historisches Museum di Lucerna, corazza fabbricata a Milano nel 1470 circa e usata da Peterman nelle battaglie di Dornach nel 1499 e dell’Ariotta nel 1513.
Questo testimonia non solo che le armi di quel periodo venivano usate molto a lungo, questo pezzo ad esempio venne usato più di quarant’anni, ma anche la scarsa disponibilità, da parte di comandanti, di acquistare o procurarsi armi nuove per la propria panoplia.
Foto di diverse angolazioni delle armature alla Landskenecht di Brescia
Le foto delle figure 3, 5 e 6 sono state gentilmente concesse dall’amico Andrea Carloni e scaricate dal suo vasto archivio fotografico riguardante armi, armature, iconografie, oggetti, abiti, ecc. sul Rinascimento tratto dai migliori Musei italiani, europei e non solo.
Il tutto in: http://www.flickr.com/photos/andrea_carloni/sets/
Bibliografia:
F. Rossi Guida del Museo della Armi “Luigi Marzoli”, Brescia 1988, pp. 27, 33.
G. de Florentis Storia delle armi bianche , Milano 1974.
L. Giorgio Boccia Le armature di S. Marie delle Grazie di Curtatone di Mantova e l’armatura lombarda del ‘400, Busto Arsizio 1980, pp. 121-122, 224-273.
C. Blair L.G. Boccia Armi e armature in I nuovi quaderni dell’antiquariato 10, Fabbri Editori.
R. Baumann I lanzichenecchi, Einaudi 1996, pp. 17, 40-42, 123, 152-153.
M. Troso L’ultima battaglia del Medioevo. La battaglia dell’Ariotta, Novara 6 giugno 1513, p. 72.
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