Pubblico in italiano un capitolo dal mio ultimo libro sulla battaglia di Pavia, scritto per l’editore inglese Helion&co. Questa “The Battle of Pavia 1525” è il mio secondo libro sulla battaglia. Il volume non solo aggiorna il lavoro precedente, ma lo completa con ulteriori cronache e documenti coevi, consultati ed utilizzati per la ricerca. Alcuni di questi testi sono risultati importanti per la loro descrizione dettagliata dell’assedio della città. Scritti da alcuni cronisti pavesi che erano presenti durante l’assedio, danno informazioni dettagliate e puntuali sugli avvenimenti dal punto di vista degli assediati.
Nella “The Battle of Pavia 1525” ho scelto una diversa direzione dell’attacco imperiale che dette inizio alla battaglia. Nel libro precedente avevamo scelto l’attacco al muro da est, qui si è scelto l’entrata da nord. I documenti non sono molto chiari a riguardo, i pochi cronisti che ne parlano indicano appunto due direzioni diverse dell’attacco notturno degli imperiali e nemmeno gli studiosi moderni sembrano concordi a riguardo. In queste pagine ho analizzato la questione spiegando perchè l’attacco da nord è stato quello probabilmente scelto.
Per lo svolgimento della battaglia sono stati fondamentali gli arazzi di Capodimonte poiché forniscono le iconografie più accurate dell’evento storico. Eseguiti da arazzieri fiamminghi mostrano una descrizione degli abiti e dell’architettura di ambito nordico più che italiano. Questo anche per gli episodi rappresentati, come la cattura del re di Francia, dove viene preferita la versione fiammingo-borgognona a scapito delle versioni italo-spagnole, più accreditate dagli studiosi. I personaggi più importanti sono facilmente identificabili grazie alle scritte intessute presso le loro figure, lo stesso per le insegne principali. Più difficile invece l’identificazione di tante figure secondarie come i quattro cavalieri francesi assieme al re nel primo arazzo, oppure i due cavalieri imperiali segnati dalla scritte Monfort e Sucre nell’ultimo e altri stemmi ed emblemi ignoti.
Grazie alla ricerca sulle fonti e documenti sono riuscito ad riconoscere con precisione quasi completa questi personaggi ed emblemi.
Infine il libro include, come in tutte le pubblicazioni da me fatte, vari capitoli sull’araldica militare dei due eserciti contendenti, con notizie precise ed inedite sulle livree ed imprese (device) portate dai capitani. Per esempio grazie ai testi di Scipione Ammirato ho potuto constatare che Hernando de Avalos marchese di Pescara, il vincitore della battaglia di Pavia, portasse ben 8 imprese durante la sua carriera militare.
Primo arazzo: “Avanzata dell’esercito imperiale e attacco della gendarmeria francese guidata da François I°” I° arazzo
Questo arazzo espone vari momenti dello scontro iniziale. In alto l’entrata maestosa dell’esercito imperiale nel parco, in basso re François I con i suoi uomini d’arme, a destra il combattimento tra le due cavallerie e nell’angolo subito sotto gli archibugieri spagnoli con le camice per la “camisada”.
Per importanza il gruppo del re è in primo piano ed è rappresentato più in grande rispetto alle altre figure, ma comunque contrasta molto con l’imponenza dell’esercito imperiale, che viene rappresentato come un vincitore. Le truppe sfilano uscendo da un bosco sulla sinistra, prima le fanterie con un nutrito numero di archibugieri provvisti di pifferi e tamburi e dietro di loro i picchieri. Sono lanzichenecchi tedeschi, inconfondibili per i caratteristici abiti e berretti decorati da tagli e stratagli, con maniche e cosce rigonfie e con la virile braghetta. Portano spadoni a due mani attribuiti ai doppelsoldner e la caratteristica spada detta Katzbalger (lanzichenecca), lunga circa 80 cm a lama larga e riconoscibile per la guardia sopra l’elsa a forma di otto.
Il numero elevato dei tiratori in mezzo ai lanzichenecchi, notoriamente rappresentati con pochissime armi da fuoco nelle iconografie, mi ha fatto pensare erroneamente agli archibugieri spagnoli del Pescara. La quasi totalità delle opere artistiche sulla battaglia di Pavia, come questa, è di ambito tedesco fiammingo e mostrano tutte le fanterie con gli abiti alla lanzichenecca. Non solamente tedeschi e svizzeri che si vestivano così, ma anche le fanterie spagnole, francesi e italiane vengono vestite allo stesso modo. E’ vero che in quel periodo gli abiti lanzichenecchi avevano influenzato la moda. Gli stessi italiani, francesi e spagnoli e altri europei usavano tagli sugli abiti, ma in maniera ridotta e comunque mantenendo il proprio carattere nazionale.
Gli archibugieri spagnoli invece sono quelli sull’estrema destra che portano la camicia bianca sopra gli abiti. See image A2. Si differenziano dai precedenti per le maniche più attillate e per la spada più lunga con guardia a bracci diritti[1]. Comunque i loro vestiti rimangono troppo simili a quelli lanzichenecchi.
Ritornando all’esercito imperiale possiamo notare che le fanterie innalzano le bandiere con la croce di Sant’Andrea rossa, detta di Borgogna, segno di riconoscimento degli imperiali visibile anche sugli abiti dei fanti. Queste bandiere sono quattro, tre di esse hanno la croce rossa con il campo diviso da fasce di due colori: bianco e giallo, giallo e azzurro e giallo e verde. La quarta, più a sinistra delle altre, porta invece la croce di Sant’Andrea di colore scuro, quasi nero con il fondo completamente rosso.
Probabilmente questi colori diversi sono stati utilizzati per differenziare le varie bande di fanti.
Sulla destra dei fanti troviamo la cavalleria imperiale costituita da uomini d’arme che sfilano, con sullo sfondo il muro del parco. Tutti sono perfettamente armati con pesanti lance e protetti da armature complete. Sopra a queste indossano vesti o saioni, la maggior parte con la livrea gialla o dorata, altri con la livrea rossa o cremisi. Come segno di riconoscimento portano delle bande bianche e rosse che scendono dalle spalle e si incrociano sul petto. Alcuni usano una banda sola altri due. Quasi al centro di cavalieri troviamo il connestabile Charles di Bourbon, riconoscibile per lo stemma di famiglia, dipinto sulla barda anteriore del cavallo. Tre gigli d’oro sul fondo azzurro attraversati da una banda rossa. Riconoscibile anche per il nome BOURBN sulle redini del cavallo. Identificare i personaggi con queste scritte, sarà una costante che vedremo spesso negli arazzi di Capodimonte. Sopra l’armatura Charles indossa una veste di colore giallo, è la sua livrea come viene ricordata dal Brantome e dal Sanudo, nei loro testi[2]. Attorno a lui i cavalieri in giallo gli appartengono, una fila di questi gli procede subito dietro, sono la sua guardia personale. Portano una lancia più corta con la punta di ferro larga, che ricorda la punta dello spiedo da guerra. Sul capo hanno un elmetto o forse meglio dire celata, a visiera fissa. Infine i pennacchi che ripetono i colori del pennacchio del Bourbon, rosso e giallo. See image A3
Passiamo ora agli stendardi di questa cavalleria. Due sono molto grandi che spiccano su tutti gli altri ma completamente privi di colori e elementi. Causa il cattivo stato di conservazione nel restauro del 1998 questi due stendardi sono stati sostituiti con un tessuto neutro[3]. Grazie a pubblicazioni precedenti, come quella del citato Casali sappiamo quali erano i colori originali. Il primo stendardo a sinistra di forma quadrata esibiva bande verticali gialle, rosse e bianche, che erano i colori di Charles V d’Asburgo. Questa stessa livrea la troviamo sull’altro grande stendardo di forma triangolare. Il fondo era bianco con un doppio bordo giallo e rosso e nel fondo bianco verso l’asta, una croce di Borgogna.
Dietro a questi ci sono altri stendardi più piccoli di varie dimensioni, tuttora visibili. Uno di forma quadrata ha il fondo diviso in fasce con i tre colori dell’imperatore. Sopra questi colori ci sono le colonne d’ercole dorate e in mezzo la croce di Borgogna con l’acciarino, anche dorati. Le colonne sono l’impresa di Charles V, solitamente accompagnate dal motto “Plus Ultra” cioè: superare ogni limite. La croce di Sant’Andrea con l’acciarino invece è un simbolo borgognone ereditato dagli Asburgo, prima con l’imperatore Massimiliano I° poi col nipote Charles. Infine da segnalare le frange sul bordo dell’insegna con i colori: bianco, rosso e oro.
Sull’estrema destra c’è un altro stendardo uguale per i colori del campo e per le frange, con le colonne d’oro e la croce di Borgogna. Unica differenza la forma rettangolare e il battente a due corna.
L’ultimo stendardo raffigura l’impresa del connestabile Charles Bourbon, il cervo alato. L’insegna ha il campo rosso o cremisi, il cervo ha il colore naturale con le ali bianche ed è attorniato da un cartiglio recante un motto che non è visibile. Il motto più usato dal connestabile era Esperance[4]. Il bordo del vessillo è decorato con frange bianche e d’oro. See image A4
Questi stendardi appena descritti si trovano in mezzo ad una miriade di lance di cavalleria, molte delle quali provviste in cima di banderuole o guidoni. Anche queste insegne hanno svariate forme e colori. Molte portano fasce con i tre colori dell’imperatore, altre hanno la croce di Sant’Andrea rossa sopra questi colori. Altre hanno il campo rosso con la croce bianca, altre il campo giallo con la croce. Altre ancora tutte rosse, tutte bianche o gialle.
E’ evidente che l’autore degli arazzi ha voluto evidenziare in queste insegne colori ed emblemi propri dell’imperatore, a parte il cervo alato. Questa tematica la troveremo anche per le insegne francesi. In realtà all’epoca le banderuole di cavalleria portavano colori e imprese dei vari capitani per essere meglio identificati in battaglia.
Subito sotto la cavalleria imperiale sulla destra, troviamo un combattimento tra due cavallerie. Ci sono gli uomini d’arme francesi guidati da re François, contro l’avanguardia imperiale formata da cavalli leggeri. Questi ultimi, che attaccano verso destra, indossano armature ed elmetti simili a borgognotte e i loro cavalli portano solo i finimenti a differenza dei cavalli nemici, provvisti di bardature. All’estrema sinistra del gruppo troviamo il combattimento tra il re e Ferrante Castriota marchese di Sant’Angelo, comandante della cavalleria leggera imperiale. Sulle briglie del suo cavallo si vede la scritta MAR SAN ANGE. Il marchese sta per soccombere sotto l’attacco di François.
Passiamo ora in basso dell’arazzo per vedere il gruppo più importante, quello del re con i cavalieri francesi. Sono gli stessi personaggi prima raffigurati nel combattimento contro i cavalieri del Castriota. Il re è riconoscibile per i tre gigli di Francia sulla barda anteriore del cavallo. Sopra l’armatura indossa una sopravveste d’argento e alti pennacchi sull’elmo di colore bianco, rosso e tannè (marrone)[5]. Vedremo l’abbigliamento del re nei particolari nel capitolo dell’arazzo sulla sua cattura che vedremo in seguito.
A fianco di Francois è raffigurato un cavaliere con la visiera alzata e la spada in mano, sulla veste e sulla barda del cavallo porta un’impresa particolare. Si vedono tante nuvole dalle quali cade una pioggia dorata. Purtroppo il personaggio non porta altri simboli per identificarlo. E’ presente nel combattimento prima citato e anche nell’arazzo della cattura del re, mentre viene ucciso alla gola da due cavalieri nemici. La sua vicinanza al re nella composizione dell’opera e il modo in cui muore ha fatto pensare a vari studiosi che possa essere Guillaume Gouffier de Bonnivet, ammiraglio de France, amico speciale e fidato di François. Scrive Paolo Giovio che il Bonnivet, visto l’esercito francese in fuga e resosi conto di essere il principale artefice della disfatta, alzata la visiera andò incontro ai nemici offrendo la propria gola alle loro lame. Più precisamente raccontano altri che si lanciò, a braccia aperte contro le picche dei lanzichenecchi e da loro venne ucciso[6]. Spade o picche comunque sia, la differenza sta nell’impresa che non corrisponde con quelle dell’ammiraglio. Infatti Gouffier portava l’ancora, il delfino e il fischietto da marinaio, tutti emblemi compatibili col suo lignaggio[7]. Osservando attentamente l’impresa in questione si vedono le nuvole azzurre che scaricano raggi dorati diritti, in mezzo a loro innumerevoli puntini o piccole gocce. E’ una pioggia dorata, simbolicamente la Manna, che sfama i figli d’Israele.
Questa impresa era adottata dalla famiglia nobile Tourton dell’Auvergne, come documenta l’umanista fiammingo Giacomo Tipozio[8]. All’epoca il cardinale François II di Tournon era uno dei maggiori artefici della politica estera per François I, ma non partecipò alla battaglia di Pavia, dove invece venne ucciso il fratello Just, conte di Tournon. Sappiamo che quest’ultimo era consigliere e ciambellano di François I, luogotenente generale in Languedoc e comandante di 50 lance nel 1524[9]. Venne ucciso a Pavia mentre cercava di soccorrere il suo re, Varillas di lui scrive: le Comte de Tournon abbatu sous son cheval, fut étouffé dans la presse cioè “il conte di Tournon caduto sotto il suo cavallo, fu soffocato dal peso”. Paolo Giovio invece scrive che morì senza che il corpo fosse trovato, altri semplicemente lo citano tra i morti francesi[10]. See image A5 primo cavaliere a sinistra
Gli altri tre uomini d’arme che seguono il re hanno ognuno il nome scritto sulle spade o sulle briglie. Il primo a sinistra indossa sopra l’armatura uno saione rosso cremisi, impugna la spada sguainata e il suo cavallo è protetto da una testiera riccamente lavorata e da un proteggi collo a piastre. Finora è stato identificato dagli studiosi come il Galeazzo Sanseverino questo per il nome MONESAR che dicevano si trovava sulla spada e che starebbe per MONsigneur Ecuyer SARseverin. Dalla prima citazione di questo nome da parte di Luca Beltrami nel lontano 1896, che pubblicò l’elenco delle parole intessute nei singoli arazzi in poi, quelli che ne hanno scritto in merito hanno confermato questa identificazione[11]. Il riconoscimento andrebbe molto bene per il lignaggio del Sanseverino e perché questi morì nella battaglia, purtroppo il nome sulla spada non è quello. Il nome reale è MONTPESAR come potete vedere nel particolare ingrandito nell’image A6.
La linea – sopra la O sta per la lettera N. Mi sono accorto dell’errore grazie alle foto in alta risoluzione degli arazzi che ho acquistato dal museo di Capodimonte. Non so come mai nessuna pubblicazione, nemmeno la più recente come Art & War in the Renaissance : The Battle of Pavia Tapestries del 2024, non si sono accorte dello sbaglio. Probabilmente non avevano a disposizione foto così precise.
Comunque non si può più identificare il personaggio con il Grand Scudiero di Francia, ma invece si tratta di Antoine de Lettes des Pres signore di Montpezat. Questi era un gentiluomo di camera del re François I, il Brantome lo indica come uomo d’arme della compagnia del maresciallo de Foix. Fu fatto prigioniero a Pavia, secondo alcuni assieme al sovrano che poi lo seguì e servì nella prigionia in Spagna. Era divenuto il suo confidente. Antoine in seguito fu ambasciatore in Inghilterra e militarmente si distinse in molte battaglie, diventando maresciallo nel 1543[12].
Il cavaliere sulla destra di Montpezat ha sui finimenti cremisi del cavallo una M e sulle briglie il nome che purtroppo non è completamente comprensibile. C’è scritto MONTEP e altre due lettere incomprensibili che potrebbero essere E N, o E R oppure I G. In alcuni studi è stato identificato proprio nel Montpezat e anch’io, prima di avere le foto in alta risoluzione, lo pensavo. Altri lo hanno identificato nel signore di Montpensier. Ma questo luogo della Francia centrale all’epoca apparteneva al connestabile Charles de Bourbon e nel 1523, dopo il suo tradimento alla corona di Francia, passò alla sorella Louise. Perciò neanche questo sembra possibile.
Secondo me il personaggio era René de Montejan o Montigend, cavaliere dell’ordine del re, per Alonso de Santa Cruz maggiordomo di corte. A Pavia venne ferito alla gamba e fatto prigioniero. Anche lui per meriti militari divenne maresciallo nel 1538[13]. Il nome MONTEPEN calzerebbe bene per Montingend. See image A7
L’ultimo cavaliere a destra sopra l’armatura indossa una sopravveste bianca o beige decorata da molte nappe cucite sopra. Sulla guaina della spada porta il suo nome: POMEREUT, si tratta di Jean Pomereux o Pommereu signore di Plessys, per alcuni scudiero del re, per altri maestro d’artiglieria. Anche lui venne fatto prigioniero nella battaglia[14]. Particolare della guaina img.A8
Di solito di fronte a iconografie simili come questo arazzo, viene spontaneo pensare che gli uomini vicini al re siano dei comandanti importanti che si distinsero nello scontro, qui invece non è così. Infatti questi quattro personaggi appena descritti, non sono comandanti ma nobili cavalieri che appartenevano all’élite di corte di re François. Uomini per vari motivi a lui molto vicini, come lo scudiero, il maggiordomo, il confidente.
Per le immagini ringrazio il Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli.
[1]Questa diversità tra fanti tedeschi e spagnoli l’ho notata grazie al libro di Luigi Casali, Gli arazzi della battaglia di Pavia nel Museo di Capodimonte a Napoli, Pavia: ViGiEffe 1993, pp. 15-16.
[2]P. de Brantôme, Oeuvres complètes, Paris 1864, vol. I, p. 286; M. Sanudo, I Diarii, Venezia 1889, tomo XXV, col. 413; M. Sanudo, I Diarii,Venezia 1890, tomo XXIX, coll. 78-79.
[3] N. Spinosa, Gli arazzi della battaglia di Pavia, Bompiani editore, 1999, p. 110.
[4]Per altri motti del Bourbon vedi: M. Predonzani e V. Alberici “The Italian wars, volume III, Francis I and the battle of Pavia 1525” Helion & Company 2020, pp. 94-96.
[5]Sulle tante divise o livree di François I vedi: M. Predonzani e V. Alberici, cit. pp. 76-81.
[6] P. Giovio, Vite del Gran Capitano e del marchese di Pescara, Laterza, Bari 1931, p. 429; M. Jähns, Geschichtliche Aufsätze, Berlino 1903, p. 288.
[7] A. Seillier, Maison Gouffier de Bonnivet in Mémoires de la Société Académique de l’Oise, Beauvais 1892, Tome XV, p. 116; M. Sanudo, I Diarii, Venezia 1890, tomo XXIX, coll. 23, 79, 242.
[8] J. Typotii, Symbola Divina & Humana, Pontificum, Imperatorum, Regum, Pragae 1601, tomus I , pp. 45 e 48; C. Paradin, Devises heroiques et emblems, Paris 1614, p. 66.
[9]M. Pol Potier de Courcy, Histoire généalogique et chronologique de la Maison Royale de France, Paris 1882, tome IX, p. 580; J. D’Auton, Chroniques de Louis XII, Paris 1889, tome I, p. 50.
[10] A. de Varillas, Histoire de François premier, Paris 1685, tome I, p. 407; P. Giovio, cit. p. 432; P. Charles Fleury, Histoire du cardinal de Tournon, Paris 1728, p. 48.
[11]L. Beltrami, La battaglia di Pavia illustrata negli arazzi del Marchese del Vasto nel Museo Nazionale di Napoli, Milano 1896; S. di Giacomo, I sette arazzi della battaglia di Pavia, in Emporium, rivista illustrata d’arte, Bergamo 1897, vol.V, p. 306; L. Casali, Gli arazzi della battaglia di Pavia nel Museo di Capodimonte a Napoli, Pavia: ViGiEffe 1993, p. 15; C. Romano, Art & War in the Renaissance: The Battle of Pavia Tapestries, Rizzoli International 2024, p. 105.
[12] R. de la Marck Florange, Mémoires du Maréchal de Florange, Paris 1924, tomo II pp. 125,234 e 238; P. de Sandoval, Historia del Emperador Carlos V, Rey de España , tomo IV, Madrid 1847, p. 234; P. de Brantôme, Oeuvres complètes, Paris 1787, vol. V, pp. 240-241; F.W. Barthold, George von Frundsberg und das teutsche Kriegshandwerk zur Zeit der Reformation, Hamburg 1833, p. 343.
[13]A. de Santa Cruz, Cronica del Emperador Carlos V, Madrid 1920, tomo II, p. 99; R. de la Marck Florange,cit. p. 238; M. Du Bellay, Memoires, La Rochelle 1573, p. 213; P. Anselme, Histoire genealogiqueet chronologique de la Maison Royale de France, Paris 1712, tome I, p. 624; P. de Brantôme, cit. pp. 292-298.
[14] A. de Santa Cruz, cit. p. 99; R. de la Marck Florange,cit. p. 238; G. Guiffrey, Cronique du Roy François premier de ce nom, Pairs 1860, p.45.









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